Quei simpatici e bravi ragazzi di UCCR (Unione Cristiana Cattolici Razionali: una contraddizione in termini) pubblicano un articolo che riprende ampie parti di un altro articolo di Giovanni Vassallo pubblicato sul sito cattolico documentazione.info.
Il succo dell’articolo è molto semplice: allo Stato costa molto meno uno studente che frequenta la scuola privata piuttosto che uno studente che frequenta la scuola pubblica. Alla luce di questo risparmio allo Stato converrebbe finanziare maggiormente le scuole private rispetto che quelle pubbliche.
Voglio considerare vere le cifre riportate nell’articolo (provenendo dal Miur) ma la domanda che sorge spontanea è: perché la scuola privata è più economica della scuola pubblica?
L’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) ci offre una prima risposta.
Infatti nel 2008 i dipendenti irregolari(ossia con contratti in nero) nel settore istruzione erano 17.200 mentre nel 2009 si è passati a 19.000 (+10,5% in un solo anno!): ovviamente questo dato riguarda solo le scuole private, visto che quelle pubbliche non possono avvalersi di insegnanti “irregolari”.
Questa non è la sola causa di “ecomomicità”.
Infatti il Ministero dell’Istruzione ha realizzato un monitoraggio su 5.986 istituzioni statali e 4.250 paritarie.
Dalla recente ricerca del Ministero dell’Istruzione risulta che le scuole private sono nettamente indietro alle scuole pubbliche. Infatti ben il 99,3% delle scuole pubbliche è dotata di laboratori tecnologici e multimediali contro solo il 48,6% delle paritarie. Addirittura solo il 78% delle scuole private ha una connessione ADSL che è invece presente nel 90% delle scuole pubbliche. Inoltre l’82% delle scuole pubbliche è dotata di lavagne interattive multimediali contro il 20% delle scuole private.
Ovvio che la scuola privata – facendo ricorso ad un maggior uso del “nero” e spendendo meno in tecnologia – può essere più economica: tutto a svantaggio della legalità e dell’offerta formativa.
Ovviamente i risultati scadenti della scuola privata sono “nero su bianco”.
Infatti la Fondazione Giovanni Agnelli ha realizzato un importante studio che aveva l’obiettivo di verificare quale tipo di scuole superiori preparassero meglio gli studenti per gli studi universitari.
L’indagine ha riguardato oltre 145.000 diplomati provenienti da 1.011 istituti di Piemonte, Lombardia, Emilia e Calabria.
La Fondazione Giovanni Agnelli nella recente ricerca esplicitamente afferma che “nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, la performance della maggior parte delle scuole non statali è deludente rispetto a quelle statali”.
I risultati della Fondazione Giovanni Agnelli sono in linea con una ricerca del 2011 dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Nello studio “Education at a glance 2011” si afferma che le performance tra studenti quindicenni della scuola privata e della scuola pubblica propendono nettissimamente a favore della scuola pubblica. In Italia il gap a favore della scuola pubblica è il più alto rispetto agli altri Paesi considerati dall’Ocse. Infatti l’Ocse scrive che: “In Hungary, Indonesia, Italy, Japan, Mexico, New Zealand and the United Kingdom, the performance difference after accounting for the socio-economic background of both students and schools is statistically significant in favour of public schools“.
Sempre secondo l’Ocse il clima disciplinare nelle scuole private è peggiore di quelle pubbliche (dati 2009)
Insomma chi vorrebbe una scuola più economica ma con più contratti irregolari (dati ISTAT), minore diffusione di supporti multimediali (dati Ministero Istruzione), minore preparazione per affrontare l’università (Fondazione Giovanni Agnelli), minore performance degli studenti e peggiore clima disciplinare (OCSE)?
Inoltre è assolutamente falso che lo Stato italiano spenda molto per l’istruzione.
Sempre secondo l’Ocse l’Italia ha speso nel 2008 il 4,8% del PIL per l’istruzione, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto al totale OCSE del 6,1% (posizionandosi al 29esimo posto su 34 Paesi).
Inoltre tra il 2000 e il 2008, la spesa sostenuta dagli istituti d’istruzione per studente è aumentata solo del 6% (rispetto alla media OCSE del 34%). Si tratta del secondo incremento più basso tra i 30 Paesi considerati.
Diversamente da altri Paesi membri dell’OCSE, la spesa per studente non aumenta notevolmente in base al livello d’istruzione: in Italia, la spesa passa da 8.200 dollari al livello pre-primario a 9.600 dollari al livello terziario, rispetto all’aumento medio nell’area OCSE da 6.200 dollari al livello pre-primario a 13.700 dollari al livello terziario.
Il fatto che la scuola privata convenga allo Stato resta una leggenda metropolitana che si basa sul nulla.
Massimo Giannini (Professore ordinario di Economia Politica dell’Università di Tor Vergata e membro del Centro di Ricerca Interuniversitario sullo Stato Sociale) ritiene che “un sistema privato rischia quindi di lasciare i cavalli buoni al palo, con una perdita di efficienza per l’intera economia” e che “non vi è alcuna prova o evidenza certa che un sistema di scuola privata aumenti il grado di efficienza dell’economia”.
Anche Daniele Checchi (ordinario di economia del lavoro all’Università Statale di Milano.) e Tullio Jappelli (professore di Economia Politica presso l’Università di Napoli Federico II) in un articolo di qualche anno fa’ ritenevano che non esistono ragioni di efficienza che suggeriscono di investire nella scuola privata.
L’unica consolazione è che le scuole private navigano in cattivissime acque e molte scuole private stanno chiudendo: ci dovrà pur essere un motivo…..