La questione del pagamento continua a creare molte discussioni: di recente la notizia che gli immobili di proprietà della Conferenza episcopale italiana e degli enti, residenti in Italia, che fanno capo al Vaticano, possano essere esentati anche per il 2013 dal pagamento della tassa.
A riguardo su Avvenire (il giornale dei vescovi italiani) viene riportato il pensiero di monsignor Ravasi, presidente del Pontificio collegio per la cultura.
Per Monsignor Ravasi la citazione evangelica «date a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio» è «un buon principio» perché «Cristo dimostra in quell’occasione di pagare le tasse che è invece un problema che tocca tutti dal punto di vista etico».
Inoltre per monsignor Ravasi quello di un presunto privilegio della Chiesa è «una mitologia» che a suo giudizio «bisogna sfatare» proprio perché – secondo quanto si legge su Avvenire – «il non pagamento dell’Imu ha permesso alla Chiesa di sostenere servizi e attività sociali che altrimenti dovrebbero essere garantiti e sostenuti economicamente dallo Stato».
Forse monsignor Ravasi dovrebbe essere specificare cosa intende per “non pagamento dell’Imu alla Chiesa”.
Se si riferisce alle varie struttture legate al mondo laico o religioso in cui viene svolta un’attività sociale (dormitori, mense, etc) non c’è nessuna “mitologia da sfatare”: nessuno penserebbe mai che debbano pagare l’Imu.
Se invece intende che l’esenzione dell’Imu anche in quegli immobili in cui si svolge un’attività a fine di lucro (alberghi, ristoranti, etc.) ha permesso alla Chiesa di offrire servizi ed attività sociali, mons. Ravasi smentirebbe quanto ha affermato il presidente della Cei Angelo Bagnasco in un’intervista al Corriere della Sera e quanto ha affermato lo stesso direttore di Avvenire Marco Tarquinio che hanno sempre sostenuto che la Chiesa paga l’Ici nelle strutture in cui si svolge un’attività commerciale.
Purtroppo la “mitologia da sfatare” di mons. Ravasi, del cardinale Bagnasco e del direttore di Avvenire non è tale per i contribuenti italiani e soprattutto per la Commissione UE che ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per aiuti di stato: procedura che potrebbe costare ai contribuenti italiani una multa milionaria. E c’è da credere che i solerti funzionari Ue siano più sensibili a leggi, decreti attuativi (che tardano ad arrivare) e a dati piuttosto che a citazioni bibliche o a “mitologie da sfatare”.