L’agenzia Zenit della congregazione dei legionari di Cristo pubblica un’intervista (ripresa anche da Tempi) al dottor Renzo Puccetti che – al congresso mondiale di ginecologia ed ostetricia tenutosi a Roma – ha presentato una ricerca in cui si rileva che la diffusione di contraccettivi (preservativo, pillola) è direttamente proporzionale all’aumentare degli aborti.
Il dottor Puccetti ha certamente un curriculum di tutto rispetto: membro della Associazione ginecologi ostetrici cattolici italiani, socio nazionale dell’associazione Scienza & Vita, collaboratore di testate giornalistiche come Avvenire e la stessa agenzia di notizie Zenit.
Nonostante sia un professionista affermato purtroppo non rileva in quale pubblicazione scientifica sia presente questa ricerca che smentirebbe gran parte della letteratura scientifica in materia esplorando – assieme ad altri colleghi – l’abortività degli Stati americani e le variabili che possono incidere sui tassi di aborto.
Per il ricercatore «quando si esamina la percentuale d’impiego della contraccezione reversibile ad elevata efficacia, come la pillola, i cerotti, l’anello vaginale, la spirale e gli impianti sottocutanei di ormoni a lunga durata, non si rileva alcuna riduzione di abortività». Questa ricerca (di cui purtroppo non è stato detto dove è stata pubblicata) smentirebbe addirittura quanto rilevato da un recentissimo studio dell’Università di St. Louis pubblicato su Obstetrics & Gynecology (la pubblicazione ufficiale della American College of Obstetricians and Gynecologists) secondo cui la fornitura gratuita di contraccettivi contribuisce a ridurre drasticamente il numero delle gravidanze indesiderate e degli aborti. I ricercatori dell’università hanno fornito contraccettivi gratis a più di 9.000 donne dai 14 ai 45 anni dell’area di St. Louis: questa azione ha provocato un drastico calo degli aborti nell’area che sono diminuiti sino al 78 per cento con un tasso di gravidanze adolescenziali del 6,3 per mille contro una media nazionale del 34,3 per mille.
Per Puccetti «i livelli di abortività dipendono da una complessità di fattori, talora tra loro connessi. Tra questi si devono citare la presenza di minoranze etniche, il quadro familiare, alcuni indicatori economici»: questa ipotesi è confermata anche nell’ultima relazione annuale sullo stato di attuazione della legge 194 secondo cui a ricorrere meno all’aborto sono le donne più istruite, le occupate e le coniugate anche grazie ad una maggiore competenza in materia di sessualità. Nel 2010 il 44,2 per cento delle donne che hanno fatto ricorso all’Ivg avevano solamente un diploma di licenza media inferiore: perciò una società sempre più scolarizzata ed informata anche in materia di educazione sessuale sarà una società che avrà meno necessità di ricorrere all’aborto.
Il ricercatore a Zenit introduce l’ipotesi che «una volta che il soggetto viene esposto all’idea che mediante il contraccettivo l’attività sessuale non avrà conseguenze sgradevoli (la gravidanza, il contagio infettivo), tende a ricalcolare l’utilità dell’attività sessuale alla luce dei nuovi parametri ed a trovarla così conveniente da indurlo a praticare l’attività sessuale da cui invece si sarebbe astenuto in mancanza del contraccettivo, si attua quella compensazione del rischio che è ben riconosciuta in molti ambiti, ma che stenta ad essere ammessa nel campo della sessualità». Puccetti ha realizzato il suo studio studiando gli stati americani e proprio per questo dovrebbe sapere che – come riporta il Time – lo stato del Mississippi (stato culturalmente conservatore) non ha mai avuto programmi di educazione sessuale nelle scuole ed è difficile l’accesso a contraccettivi: nonostante ciò il tasso di gravidanze adolescenziali è del 55 per 1.000 a fronte di un minimo di 16 per 1000 nel New Hampshire: per questi motivi anche il Mississippi ha deciso di affrontare la realtà adottando programmi di educazione sessuale nelle scuole.
«Rimanendo nel campo della contraccezione abbiamo rilevato che il finanziamento della stessa contraccezione non si associa ad alcuna riduzione del tasso regionale di abortività»: in questo modo mette in relazione i piani di contraccezione ai tassi di abortività. Queste parole (per ora parole mancando lo studio nei dettagli) smentirebbero – come scritto – il “caso St. Louis” in cui la distribuzione di contraccettivi ha diminuito del 78 per cento gli aborti nell’area e smentirebbero lo stesso parere del presidente dell’American College of Obstetricians and Gynecologists James T. Breeden che – in relazione allo studio di St. Louis – ha affermato: «È un miglioramento incredibile, viene da pensare che se sei anti-abortista dovresti essere al 100% per l’accesso alla contraccezione».
Inoltre per Puccetti «Nei contesti dove è maggiormente diffuso il sentimento pro-life si registra un’abortività nettamente inferiore»: da uomo di scienza dovrebbe spiegare in che misura si può misurare il “sentimento pro-life” nella società considerando inoltre che lo studio dell’opinione pubblica non appartiene alla medicina ma alla sociologia.
Per ultimo secondo Puccetti «la restrizione all’aborto si associa a tassi di abortività inferiori». Questa opinione smentirebbe addirittura una ricerca pubblicata da una delle principali riviste scientifiche mondiale, The Lancet, che ha esaminato i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, in tutto il mondo, su un arco di tredici anni, dal 1995 al 2008. Nello studio i ricercatori sottolineano che «il tasso di aborto è più basso nei paesi con leggi più permissive» e che «leggi più restrittive sull’aborto non sono correlate con un abbassamento del tasso di interruzione di gravidanza».
Insomma la ricerca del dottor Renzo Puccetti e dei suoi colleghi smentirebbe gran parte della letteratura scientifica internazionale secondo cui l’educazione sessuale, l’uso di contraccettivi e l’accesso sicuro all’aborto sono gli unici modi per avere un basso tasso di aborti: a questo punto si aspetta solo di leggere questa ricerca con dei risultati che la stessa agenzia della congregazione dei legionari di Cristo definisce “sorprendenti”.
E questo è il passaggio che preferisco:
… per Puccetti «Nei contesti dove è maggiormente diffuso il sentimento pro-life si registra un’abortività nettamente inferiore»: da uomo di scienza dovrebbe spiegare in che misura si può misurare il “sentimento pro-life” nella società considerando inoltre che lo studio dell’opinione pubblica non appartiene alla medicina ma alla sociologia.
Come sempre, questa gente spilucca qua e là da discipline di cui non ha la minima competenza, come quando prendono la questione della “sessualità naturale” o contronatura dalla filosofia platonica e la fanno diventare furbescamente un concetto scientifico…
Grazie Alessandro,
aspetto di leggere nel dettaglio (se sarà pubblicata) questa ricerca per capirne meglio.