L’idea malata della Soluzione finale di matrice nazista continua a sopravvivere proprio nel Paese che contribuì in maniera determinante a sconfiggere Hitler e i suoi deliri. Oggi li chiamano “crimini d’odio”, ma le vittime sono le stesse. Si tratta infatti dei reati compiuti contro la persona adducendo lucide e razionali motivazioni religiose, razziali, etniche o “sessuali”. Negli Stati Uniti la piaga è profonda e le forze di polizia faticano a estirparla. A causa della loro gravità i crimini d’odio sono considerati reati federali e ogni anno il Federal bureau of investigation pubblica i dati relativi alla propria attività di prevenzione e repressione. In base all’ultimo report ciò che subito balza agli occhi è una lieve flessione, nel 2011, rispetto all’anno precedente. Lo scorso anno i crimini d’odio in territorio americano sono stati 6.222 con una diminuzione del 6 per cento rispetto al 2010 (6.628).
Per quanto riguarda le motivazioni, quasi la metà sono da imputare al razzismo del responsabile (46,9 per cento), mentre un omicidio o aggressione su cinque (20,8) è stata a sfondo omofobo. Seguono con il 19,8 per cento le cosiddette motivazioni religiose e i crimini contro gli immigrati (11,6). Anche le persone disabili o affette da patologie mentali, proprio come durante il nazismo, non sfuggono a questa agghiacciante casistica, risultando nello 0,9 per cento dei casi vittime di “crimini d’odio”.
Entrando ancora più nel dettaglio dei dati del 2011, i reati a sfondo razziale hanno colpito soprattutto i neri con il 72 per cento dei casi. Questa sorta di folle guerra civile non ha risparmiato nemmeno i bianchi (16,7), seguono le vittime di origine asiatica (4,8) e chiudono la lista con l’1,9 per cento, i nativi americani o dell’Alaska. Continua a leggere