Purtroppo tempi di tagli in Italia anche in comparti importanti come la sanità ma a questi tagli non sembrano rassegnarsi le scuole paritarie che con le loro sigle (AGeSC , Agidae, Aninsei, Cdo-Foe, Faes, Fidae, Fism) chiedono 250 milioni di euro per il 2014, 530 milioni di euro per la programmazione economica triennale e la cancellazioni di imposte come Imu e Tares.
Anche la Chiesa è particolarmente sensibile su questo tema e Tempi riporta il pensiero di monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, che, dopo aver fatto presente che «il compito della Chiesa è educare il popolo», afferma che la società «vede nel cammino educativo che deve essere offerto alla persona la strada maestra perché la società non sia qualcosa di piatto, di informe, di grigio, di generico, ma una realtà vibrante di iniziative, di ricerche, di creatività». Forse alla Chiesa – in una nazione come l’Italia dove non esiste la religione di Stato – spetta il compito di educare i suoi fedeli (almeno quei pochi che ancora pendono dalle sue labbra) e non certamente il “popolo” che – in uno Stato democratico e non etico – non ha nessuna necessità di essere “educato”: un compito quello di “educare il popolo” che appartiene alle dittature e non alle democrazie.
Si legge su Tempi: «È grave, nota Negri, che lo Stato italiano non lo abbia ancora riconosciuto e che “a 150 anni dall’unificazione, in Italia manchi ancora un’autentica libertà d’educazione”». Sarebbe stato grave se l’Italia democratica nata dalle ceneri del totalitarismo fascista si fosse presa il compito di “educare” il cittadino (cosa diversa dal fornire istruzione) in cosa è giusto credere o non credere. Per quanto riguarda la libertà d’educazione c’è da stare tranquilli: l’articolo 33 della Costituzione recita che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato» mentre – nonostante Negri sia del parere che in Italia manca un’autentica libertà d’educazione – il nostro Paese è ai primi posti nella libertà di scelta tra scuole statali e scuole non-statali.
Ovviamente l’interesse di monsignor Negri è principalmente per le scuole cattoliche: «Ci sono centinaia di scuole paritarie cattoliche che fanno un servizio straordinario alla educazione del popolo vengono sostanzialmente discriminate». Forse le scuole paritarie (cattoliche o no) offriranno i propri servizi ai propri studenti e non al “popolo” ma questo servizio non dev’essere tanto “straordinario” se anche l’Ocse rileva che in Italia la disciplina è peggiore nelle scuole private rispetto a quelle pubbliche.
Tra le famigerate scuole paritarie vi sono anche quelle dell’infanzia, spesso non considerate (io lavoro in una di queste). Nel Veneto (la mia regione) rappresentano il 60% delle scuole dell’infanzia, nel mio comune il 100% (non ci sono scuole dell’infanzia statali); perciò noi offriamo un servizio che lo stato non è in grado di offrire (e lo facciamo dal 1937, mentre le scuole materne statali sono nate nel 1968) e allo stato stesso costiamo 500 euro per ogni alunno (un alunno della scuola dell’infanzia statale ne costa 6.000). Considerando tutto questo, trova poi così sbagliato il contributo statale? Se le due scuole paritarie del mio comune chiudessero, dove andrebbero i circa 140 bambini che le frequentano? Oppure che costo rappresenterebbero per lo stato? (140×6000=840.000 euro). Qualche volta, prima di scagliare pietre sarebbe più giusto informarsi meglio.
P.S.
La mia scuola è frequentata da bambini non cattolici ed abbiamo avuto negli scorsi anni anche bambini diversamente abili, per i quali abbiamo assunto e pagato un’insegnante di sostegno, perchè per noi i bambini sono importanti, tutti! Noi non discriminiamo, e voi?
Cara Fulvia,
il mio articolo riguarda qualcosa di più “ampio” rispetto al mero finanziamento alle scuole dell’infanzia. I dati Ocse (ed altri studi) che evidenziano le criticità del settore privato della scuola in Italia non riguardano affatto le scuole dell’infanzia. Perciò stia tranquilla che le “pietre” non sono state affatto scagliate contro le scuole dell’infanzia (anche private).
Buon lavoro