Siamo Americani e crediamo che la Bibbia sia la parola di Dio: questo è quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca Gallup secondo cui per tre statunitensi su quattro la Bibbia corrisponde al volere di dio.
Per quasi la metà (47 percento) il “sacro testo” deve essere interpretato in maniera letterale parola per parola mentre per il 28 percento non tutto deve essere preso alla lettera: solo il 21 percento lo considera un libro di leggende e precetti morali scritti da un uomo.
Detto ciò ci si aspetterebbe dagli statunitensi un fedele sostegno alle posizioni della Chiesa ma altri sondaggi mostrano che non è affatto così: sono favorevoli alla legalizzazione delle droghe leggere, continuano (purtroppo) ad approvare la pena di morte mentre si dividono sull’eutanasia.
Nonostante per gli americani la Bibbia sia un testo da tenere in massima considerazione aumenta il consenso a favore del matrimonio per le coppie dello stesso sesso: nel luglio del 2013 il 54 percento dei cittadini Usa (tra cui il 60 di cattolici) si erano detti a favore ed oggi – in base ad un’altra rilevazione di Gallup – questa percentuale è salita al 55 mentre è scesa di un punto (dal 43 al 42) la fazione di coloro che si oppongono. Ad essere maggiormente a favore sono i giovani tra i 18 e i 29 anni (addirittura il 78 percento) e chi si identifica politicamente come Liberale o Democratico (rispettivamente 82 e 74 percento a favore). Continua a leggere
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Cannabis: puntare su legalizzazione e prevenzione? In Italia meglio avere nuove forme di dipendenza di Stato.
La Corte Costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi sul consumo di droghe leggere ed ovviamente la notizia non ha fatto felice uno degli estensori della legge, il senatore Carlo Giovanardi che ha criticato l’opera della Consulta: «Per l’ennesima volta prendo atto che nel nostro Paese la Corte costituzionale può scavalcare il Parlamento senza alcun problema». Restano ignoti i “problemi” che dovrebbero avere i giudici costituzionali nel vagliare la legittimità costituzionale delle leggi approvate dal Parlamento secondo i criteri fissati dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali.
I critici alla legalizzazione della cannabis respingono l’idea che ci possa essere distinzione tra droghe leggere e pesanti così come scrive Alfredo Mantovano sulla Nuova Bussola Quotidiana e su Tempi. Contrario a considerare “leggera” la marijuana è anche il prof. Serpelloni, capo del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio, che ripropone le sue idee sugli onnipresenti Nuova Bussola Quotidiana e Tempi: una tesi smentita da Massimiliano Sfregola sul Fatto Quotidiano che riprone dei dati di Fuoriluogo, il sito dell’associazione Forum Droghe. «Solo 8 mesi fa (maggio 2013) per il capo del Dpa il Thc nella cannabis era al 46%, il 5 dicembre 2013 la percentuale era scesa improvvisamente al 45% (arrotondamento?) e casualmente il giorno della bocciatura della legge Fini-Giovanardi è salito incredibilmente al 55%: +9% in meno di un anno, arrotondamenti compresi»: questa la piccola “altalena di dati” del professor Serpelloni secondo quanto riportato da Fuoriluogo. Continua a leggere
Tagli a sanità, scuola e pensioni? Solo con la legalizzazione delle droghe leggere 10 miliardi per lo Stato.
Tempi di crisi e di “spending review” (o meglio di tagli) ed in un periodo di “vacche magre” c’è chi – come Massimo Introvigne – vede nei gay e nelle donne la causa della crisi economica e chi invece cerca di trovare soluzioni razionali e concrete e maggiori benefici per le casse dello Stato come legalizzando le droghe leggere. Infatti non solo ci sarebbe un maggior gettito fiscale ma il commercio entrerebbe nel Pil migliorando gli indicatori di stabilità del nostro Paese: questo è quanto sostenuto da Mario Centorrino, Ferdinando Ofria e Pietro David, docenti di Politica Economica nell’università di Messina, in un articolo su lavoce.info.
Secondo gli studiosi «l’introito fiscale è solo parte dell’utilità complessiva che uno Stato può trarre dal passaggio dalla proibizione alla legalizzazione. La regolamentazione del mercato delle droghe leggere si lega strettamente alla contabilità ufficiale della finanza pubblica perché le regole concordate a livello internazionale nel Sec95 separano sommerso economico e attività illegali, includendo una stima del primo nel Pil, ma escludendo le seconde dalla contabilità ufficiale. In sostanza, esistono mercati illegali, con i propri occupati e il relativo fatturato, che tuttavia non vengono registrati nella contabilità ufficiale dello Stato». Continua a leggere
Legalizzazione delle droghe leggere. In Italia facciamo quello che riusciamo a fare meglio: gli struzzi.
La proposta dell’assessore regionale lombardo all’agricoltura Gianni Fava (Lega Nord) di legalizzare la cannabis ha diviso il mondo politico e naturalmente monolitica è stata la posizione del mondo cattolico da sempre contrario ad ogni possibilità di regolamentare le droghe leggere.
In primissima linea Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani che il 7 gennaio titola “Cannabis legale: riparte l’offensiva” e riporta il pensiero di Giovanni Serpelloni, capo del dipartimento delle Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio: «E’ ampiamente dimostrato che a fronte di una diminuzione della disapprovazione sociale c’è contemporaneamente un aumento del consumo delle sostanze nocive, compreso tabacco e alcol. In caso di legalizzazione aumenterebbe dunque l’uso, in particolare tra i giovani. Un settore che fa molto gola alle grandi compagnie del tabacco».
Lo stesso Serpelloni interviene sempre su Avvenire con un editoriale: «I danni maggiori sono quelli derivanti dall’uso precoce (adolescenziale) di questa sostanza nel momento in cui il cervello si trova nella delicata fase di sviluppo celebrale che termina dopo i 21 anni». Per il medico inoltre «non esiste alcuno studio né evidenza scientifica che dimostri che la legalizzazione sia in grado di ridurre efficacemente gli introiti delle organizzazioni criminali». Sempre Serpelloni si pone degli interrogativi interessanti: «Come verrebbe poi regolamentato il fatto che persone guidino una macchina, un autobus, un treno o lavorino sotto l’uso di sostanze stupefacenti psicoattive ma perfettamente legali, non potendole quindi sanzionare?». Un quesito molto strano: anche l’alcool è perfettamente legale mentre la guida in stato di ebbrezza è illegale. Continua a leggere
The new American way: marijuana is ok.
L’America si sta lentamente avviando verso la strada della legalizzazione della marijuana: in Uruguay presto potrebbe essere approvata una legge che consentirà l’acquisto di una dose massima di 40 grammi di marijuana al mese al costo di un dollaro al grammo mentre anche gli statunitensi ormai sono in gran parte favorevoli alla fine del proibizionismo sulle droghe leggere il cui uso ricreativo è già consentito – dopo una consultazione popolare – in Colorado e nello Stato di Washington.
L’importante istituto di ricerca Gallup ha sondato il parere degli statunitensi su questo tema dal lontano 1969 e nella rilevazione del 2013 emerge che il 58 per cento dell’opinione pubblica è favore della cannabis legale contro il 39 che ancora si oppone. Il sondaggio Gallup conferma una rilevazione dell’istituto Pew Research Center di aprile in cui risultava come gli americani fossero in maggioranza del parere che le droghe leggere dovessero uscire dalla clandestinità.
Nel 1969 solo il 12 per cento era a favore della marijuana legale mentre la gran parte degli americani era contraria (84 per cento): negli anni Settanta questa percentuale è più che raddoppiata arrivando al 28 per cento per mantenersi relativamente stabile sino al 2000. Continua a leggere
Regno Unito: dalla legalizzazione delle droghe leggere un guadagno di un miliardo di sterline.
Dal Regno Unito arriva un nuovo intervento a favore della legalizzazione delle droghe leggere. Secondo uno studio dell’Institute for Social and Economic Research se il governo britannico cambiasse la sua politica sulle droghe leggere potrebbe guadagnare sino ad un miliardo e 250 milioni di sterline ogni anno.
Così come riporta il Guardian, 300 milioni sarebbero risparmiati per le minore spese da parte del sistema giudiziario, penitenziario e da parte della polizia nella repressione dei reati minori connessi alle droghe leggere mentre il resto verrebbe dalla tassazione della vendita di tali sostanze.
Il documento è stato realizzato da Stephen Pudney, professore di economia presso l’Università di Essex, e considera non solo i vantaggi economici (minore impiego di denaro pubblico nella repressione e tassazione dalla vendita) ma anche i potenziali costi come gli oneri di regolamentazione e le maggiori iniziative per le campagne di sensibilizzazione.
Nello studio che è stato commissionato dalla Fondazione Beckley, un think tank che chiede una riforma della politica sulle droghe, si ammette che probabilmente il consumo di droghe leggere aumenterà in conseguenza del passaggio ad uno status legale ed ad un prezzo più basso. Continua a leggere
Il revisore generale dei conti della città di New York: “Tassiamo la marijuana per mandare i nostri ragazzi al college”.
Dopo la denuncia del professor Nutt, ex consulente del governo britannico, sempre dal Regno Unito arriva un altro intervento a favore della legalizzazione delle droghe leggere. Questa volta lo lancia, dalle pagine del Guardian, John Liu, revisore generale dei conti della città di New York nel 2010 dopo aver fatto parte del consiglio comunale dal 2002 e candidato sindaco dei Democratici alle prossime elezioni comunali che si terrano a novembre. Liu senza mezzi termini afferma che «è tempo di riconoscere che l’incauta guerra della città New York alla marijuana ha fallito».
Liu pone una domanda interessante: «Invece di spendere milioni di dollari in azioni penali di basso livello contra la droga che colpiscono in modo sproporzionato le comunità di colore, perché non regolamentare un mercato della marijuana da 1,65 miliardi di dollari ed utilizzare le entrate fiscali per dimezzare le rette universitarie? Invece di mandare i bambini nei tribunali mandiamoli al college». Secondo uno studio dell’ufficio dei revisori dei conti della città di New York la regolamentazione del mercato della marijuana porterebbe entrate fiscali per 400 milioni di dollari ed altri 31 sarebbero risparmiati ricollocando le risorse per gli arresti per reati minori collegati alla marijuana. Continua a leggere
Un ex consulente del governo britannico denuncia la censura scientifica sugli studi sulle droghe leggere.
È categorico il professor Nutt, ex consulente del governo britannico sulle droghe, nel definire la messa al bando di droghe come cannabis, ecstasy e Lsd «il peggiore caso di censura scientifica da quando la Chiesa cattolica ha vietato le opere di Copernico e Galileo». Ha inoltre affermato: «Questi ostacoli alla ricerca ed alla terapia sono motivati dalla politica, non dalla scienza. È uno degli esempi più scandalosi di censura scientifica dei tempi moderni. Il divieto di ricerca sulle cellule staminali embrionali da parte dell’amministrazione Bush è l’unico possibile paragone, ma ciò ha colpito solo gli Stati Uniti non il mondo intero».
Al professor Nutt venne revocato l’incarico di consulente del governo in materia di droghe nel 2009 dopo aver detto che le convenzioni delle Nazioni Unite sulle droghe nel 1960 e 1970 hanno ritardato lo sviluppo di trattamenti innovativi per il disturbo post traumatico da stress (Ptsd) e per la depressione ed hanno anche rallentato le ricerche sulle neuroscienze. Il possesso di droghe psicoattive come hashish, ecstasy e Lsd per scopi scientifici è rigorosamente regolamentato nel Regno Unito ed in molti altri Paesi in conformità con le convenzioni delle Nazioni Unite che sono state concordate in risposta alla cultura della droga degli anni 1960 e 1970. Nutt era inoltre del parere che l’assunzione di ecstasy non fosse più pericolosa dell’equitazione e che l’alcool e il tabacco fossero più pericolosi di molte droghe illegali. Secondo Nutt la decisione di mettere fuori legge queste droghe si è basata sui loro pericoli percepiti che in molti casi sono stati sovrastimati mentre i danni sono in realtà inferiori di molte sostanze legali. Continua a leggere
Per la maggioranza degli americani la marijuana è da legalizzare
Il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere acquista un peso sempre più importante negli Stati Uniti d’America. Le elezioni del 2012 non hanno visto solo lo scontro tra Barack Obama contro il repubblicano Mitt Romney ma gli elettori americani di alcuni stati hanno dovuto esprimersi anche sulla liceità della cannabis per usi medici (approvata in Massachusetts ma respinta in Arkansas e Montana) e sulla quella per usi ricreativi (legalizzata tramite referendum in Colorado e Washington mentre gli elettori dell’Oregon si sono espressi contro).
Nell’ultimo anno sono aumentati gli interventi a favore di un diverso approccio nel contrasto alla droga: l’organizzazione non governativa internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch ha definito inutili gli arresti per possesso di droghe leggere mentre Gary Becker, professore di economia e sociologia presso l’Università di Chicago e premio Nobel per l’economia nel 1992, e Kevin Murphy, professore di economia alla University of Chicago Booth School of Business pensano che sia arrivato il tempo di alzare bandiera bianca nella guerra alla droga. Continua a leggere
Il Chief Medical Officer del Regno Unito e la British medical association: “Depenalizzare il consumo di droga”
Dopo lo studio della Uk Drug Policy Commission e dopo la ricerca di un intergruppo della Camera dei Lord a favore della depenalizzazione delle droghe leggere, dal Regno Unito arriva un altro intervento contro la criminalizzazione nell’uso delle sostanze stupefacenti.
Questa volta ad intervenire nel dibattito esistente è la dottoressa Sally Davies, Chief Medical Officer (la più importante figura di consulenza governativa nell’ambito della sanità pubblica) del Regno Unito, intervistata dal Telegraph.
La dottoressa Davies ha suggerito un diverso approccio non considerando le sostanze stupefacenti come un problema di ordine pubblico ma di sanità pubblica: «Penso che abbiamo un problema di sanità e come nazione faremmo bene a considerarlo come un problema sanitario. Penso che ci siano molte prove provenienti da altri Paesi e dalla scienza su come gestire la questione. Ma attualmente è il ministero degni Interni che è incaricato di gestire la politica per le droghe e per l’alcool ed è la scelta di questo governo di continuare a gestire la situazione in quel modo».
Secondo Sally Davies l’attuale politica sulle sostanze stupefacenti ha avuto come effetto solamente quello di «dissuadere i tossicodipendenti nel cercare aiuto medico» e qualora il governo decidesse di depenalizzare alcune droghe sarebbe pronta con alcuni consigli su come aiutare i dipendenti ad uscire dal problema. Continua a leggere
Il presidente del Guatemala Otto Pérez Molina: “Il mio Paese porta le cicatrici della guerra alla droga”.
In ogni guerra ci sono delle vittime innocenti. In 40 anni di guerra alla droga, lo stato centro-americano del Guatemala, può vantarsi di essere solo una vittima innocente. È stato coinvolto nel fuoco incrociato tra le nazioni a sud (principalmente Perù, Colombia e Bolivia) che producono sostanze stupefacenti illegali e il paese a nord (America) che ha il più grande desiderio di consumarle. Il Guatemala fa poco di entrambi.
Il problema è che la droga – soprattutto cocaina – deve essere trasportata dai paesi di produzione agli Stati Uniti, da sud a nord. Purtroppo per il Guatemala è così che funziona.
Ma la posizione del Guatemala sulla punta del Centro America non sempre ha rappresentato un problema. Recentemente, nel 2008, la US National Drug Intelligence Centre aveva stimato che meno dell’1 per cento delle circa 700 tonnellate di cocaina che aveva lasciato il Sud America fosse passata attraverso l’America Centrale. Ma questo era prima che scoppiasse la guerra alla droga ed il Guatemala fosse coinvolto in questo conflitto.
Prima del 2008, il metodo preferito di trasporto di droga dal Sud America agli Stati Uniti era via mare (attraverso i Caraibi o del Pacifico) o per via aerea, il contrabbando via terra era raro. Ma due cose sono accadute a cambiare radicalmente ciò, entrambe le iniziative legate alla “guerra alla droga”.
In primo luogo, Messico e Colombia – parzialmente finanziate dagli Stati Uniti – hanno intensificato la sorveglianza dello spazio aereo. Allo stesso tempo gli Stati Uniti hanno iniziato una più vigorosa cooperazione con il Messico per fermare le spedizioni di droga via mare. Nel luglio 2008 la marina messicana, a quanto pare con l’intelligence USA, ha sequestrato un carico piuttosto notevole di un “narco-sommergibile”, un semi-sommergibile carico di cocaina destinata agli Stati Uniti. Continua a leggere
Regno Unito. La Camera dei Lord: “Legalizzare la vendita ed il consumo delle sostanze stupefacenti”
Dalla Gran Bretagna arriva un nuovo intervento a favore della legalizzazione e della liberalizzazione delle droghe. Questa volta la proposta proviene da un rapporto pubblicato dalla camera dei Lord e preparato da un gruppo formato da nove parlamentari conservatori, laburisti e liberal democratici con lo scopo di proporre dei cambiamenti alla Misuse of Drugs Act, la legge che da 40 anni regola l’uso e lo spaccio di droghe e che, secondo i parlamentari, ha un disperato bisogno di essere riformata: per gli stessi “pari” (nome che contraddistingue i membri della camera dei Lord) un cambiamento delle politiche britanniche sulle sostanze stupefacenti è necessario «ora più che mai».
Il gruppo era presieduto dalla baronessa Meacher e composto dalla baronessa Stern, Lord Cobbold, la baronessa Hamwee, Lord Howarth of Newport, Lord Low, Lord Mancroft, Lord Norton e Lord Rea.
Nella relazione si propone di cominciare a vendere la cannabis e l’ecstasy in negozi autorizzati e depenalizzare l’uso di tutte le droghe illegali. Dovrebbe restare illegale la vendita delle droghe più dannose mentre i consumatori trovati con modiche quantità di droga (sia leggera che pesante) non dovrebbero andare incontro a sanzioni penali.
A sostegno della depenalizzazione dell’uso di tutte le droghe, nella relazione si prende ad esempio il modello portoghese dove il numero di giovani tossicodipendenti è diminuito drasticamente a seguito della depenalizzazione delle droga. Continua a leggere
The Wall Street Journal: “Tempo di alzare bandiera bianca nella guerra alla droga”
Alzare bandiera bianca nei confronti della lotta alla guerra alla droga: questo in sintesi il punto di vista espresso sul Wall Street Journal da Gary Becker, professore di economia e sociologia presso l’Università di Chicago e premio Nobel per l’economia nel 1992, e da Kevin Murphy, professore di economia alla University of Chicago Booth School of Business.
Una guerra cominciata nel 1971 da Richard Nixon che nel tempo non ha dato i risultati sperati con costi molto alti in termini di vite, costi e benessere per molti americani. Il costo della lotta alla droga è di più di 40 miliardi di dollari ogni anno e comprende le spese per la polizia ed il personale giudiziario che deve dare la caccia ai consumatori di droga ed i trafficanti ma anche le altre risorse spese per imprigionare e punire i condannati per reati di droga.
Ovviamente, oltre ai costi puramente economici ce ne sono altri sociali che sono difficili da quantificare. Ogni anno circa il 25 per cento degli studenti (in maggioranza bambini neri ed ispanici che vivono nei quartieri poveri) abbandonano le scuole ed uno dei fattori maggiori è la tentazione di guadagnare dal traffico di droga. Continua a leggere
Human Rights Watch: inutili gli arresti per possesso di droghe leggere nella lotta alla criminalità.
Gli arresti per possesso di marijuana sono sostanzialmente inutili: è quanto rileva uno studio dell’organizzazione non governativa internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch che ha monitorato per sette anni la posizione penale di 30mila abitanti di New York arrestati tra il 2003 ed il 2004 per possesso di un piccolo quantitativo di droghe leggere rilevando che solo il 3,4 per cento ha commesso negli anni successivi un crimine violento (di questi il 3,1 solo una volta e lo 0,4 hanno commesso più reati).
Secondo la politica adottata dal sindaco Bloomberg la polizia newyorchese ha arrestato tra il 1996 ed il 2011 circa 500mila persone per piccoli reati legati al possesso di droghe leggere, la maggior parte neri o ispanici, e secondo l’amministrazione comunale ciò ha aiutato a ridurre la criminalità ma l’Ong rileva che non si capisce in che modo possa essere successo.
Human Rights Watch fa notare che le percentuali di chi ha commesso un crimine violento tra gli arrestati per possesso di droghe leggere sono addirittura inferiori a tassi di condanna secondo altre variabili legate al sesso, alla razza ed all’età: paradossalmente ci sarebbero risultati maggiori nella lotta alla criminalità non concentrandosi su coloro che fanno uso di droghe leggere ma semplicemente procedendo ad arresti a caso tra i giovani, il gruppo che statisticamente ha più probabilità di commettere qualsiasi tipo di reato.
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Four more years: dalle elezioni Usa tanti mal di pancia per il Vaticano
Il risultato è noto: il presidente uscente Barack Obama ha vinto contro il repubblicano Mitt Romney.
Il vero sconfitto di queste elezioni non è Romney ma la destra religiosa.
Inutile nascondersi che la Chiesa cattolica sia negli Stati Uniti che in Italia non aveva fatto il tifo per Obama.
La riforma sanitaria di Obama che impone alle aziende di garantire la copertura sanitaria per i propri dipendenti (anche per contraccezione ed aborto) aveva fatto infuriare la Chiesa cattolica americana: le accuse di attentato alla libertà religiosa erano cadute davanti alle varie sentenze delle corti federali.
Inoltre Obama ha sempre sostenuto il diritto per le coppie omosessuali di accedere al matrimonio e l’amministrazione democratica aveva comunicato che non avrebbe più difeso nei vari tribunali il Defense of Marriage Act, una legge federale che definisce il matrimonio come l’unione legale tra un uomo ed una donna. Continua a leggere
Ricerca della UK Drug Policy Commission: “Depenalizzare il consumo di droga”
I principali quotidiani britannici (tra cui The Guardian, The Independent e The Times) hanno dato ampio spazio ad uno studio (A Fresh Approach to Drugs) dell’UK Drug Policy Commission sulle droghe e sulle politiche per affrontare il fenomeno.
Questo studio è stato realizzato da un gruppo di ricercatori, accademici, dirigenti di polizia ed esperti in materia tra cui il precedente responsabile del British Medical Research Council, professor Colin Blakemore e David Blakey, ex presidente della Associazione dei capi di polizia.
Questo rapporto è la prima ricerca indipendente sulle politiche contro la droga svolta nel Regno Unito da quando uno studio della Police Foundation del 2001 aveva chiesto di interrompere la carcerazione per coloro che venivano trovati in possesso di cannabis.
In base a tale rapporto il possesso di piccole dosi di determinate droghe non dovrebbe essere considerato reato e – qualora si introducesse la depenalizzazione – non ci sarebbe un aumento nell’uso di stupefacenti.
The Lancet: permettere l’aborto significa salvare la vita delle donne
I cosiddetti “pro-life” (ossia contro le leggi sull’aborto) sono in verità dei “pro-death” (ossia a favore della morte delle donne).
L’aborto senza le adeguate condizioni di sicurezza è una delle principali cause di mortalità tra le partorienti: una ogni sette muore perché l’interruzione della gravidanza non è stata condotta da personale medico preparato e in condizioni igieniche adeguate. È uno dei dati contenuti nel lungo articolo pubblicato da una delle principali riviste scientifiche mondiale, The Lancet, che ha esaminato i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, in tutto il mondo, su un arco di tredici anni, dal 1995 al 2008.
Nonostante la difficoltà di avere dati certi specialmente per quei paesi dove la pratica è illegale, dalla ricerca emergono con chiarezza alcuni punti. Per l’Oms, il numero complessivo di interruzioni di gravidanza, a livello mondiale, tra il 2003 e il 2008, si è stabilizzato, attestandosi attorno ai 28 casi ogni mille donne tra i 15 e i 44 anni di età, con un importante calo rispetto al dato di partenza, quello del 1995, di 35 ivg ogni mille donne, ma anche con l’arresto del trend in diminuzione. Anche all’interno di singole regioni del mondo, comunque, ci sono differenze importanti, da correlare con il contesto sociale ed economico: in Europa occidentale (al 2008), il tasso di aborto era di 19 casi ogni mille donne, in Europa orientale, di 34.
Quelli che ben pensano…..
Davanti al classico cattolico medio benpensante che è contro il divorzio (perché sa di poter ricorrere alla Sacra Rota), contro gli omosessuali (perché sono contro natura), contro la legalizzazione delle droghe leggere (ma magari si fa di eroina con gli amici), contro gli ambientalisti (così può sfoggiare il suo Suv), contro l’aborto (perché tanto sa che se capitasse a lui farebbe ricorso a qualche clinica privata), contro la sinistra (perché odia i comunisti!!), che difende la Chiesa cattolica a spada tratta (perché difende le tradizioni), contro gli immigrati (ma poi li assume in nero nella fabrichetta) mi viene in mente il brano Quelli che benpensano di Frankie HI-NRG MC (all’anagrafe – per ironia della sorte – Francesco Di Gesù).
La “crociata” del Centro Lepanto contro l’uso della cannabis in ambito medico
Un breve intervento…..
Pontifex pubblica un intervento del Centro Culturale (??) Lepanto contro la medicalizzazione della Cannabis. L’intervento è quanto di più lontano possa esistere da un sano intervento laico.
“Gent.le amico, cara amica, oggi il Centro Culturale Lepanto ha dato inizio alla Crociata del Rosario perché la Madonna aiuti i più deboli, come gli ammalati ed i minori, che meritano medicinali di comprovata efficacia e sicurezza e non la Cannabis, e per la conversione dei cuori e delle menti dei leader dei gruppi di pressione antiproibizionisti affinché si ravvedano e riconsiderino le loro istanze”.
Forse una “crociata” contro l’uso della cannabis in ambito medico non è necessaria. Sarebbe preferibile proporre – se si hanno – dei concreti argomenti contrari alla medicalizzazione della cannabis.
Le deboli argomentazioni del Pontificio Consiglio per la Famiglia contro la liberalizzazione delle droghe leggere
Il sito integralista Pontifex riporta una riflessione del Pontificio Consiglio per la Famiglia del 22 gennaio 1997 in materia di liberalizzazione delle droghe leggere.
L’articolo è molto datato e forse alcuni punti non sarebbero riproposti nello stesso modo.
Il fatto che – a distanza di più di un decennio – venga proposto integralmente fa pensare che venga considerato ancora attuale.
Nell’articolo si afferma che: “l’opinione pubblica è stata scossa di recente da alcune proposte, presentate in diversi Paesi, volte a far adottare una legislazione che controllerebbe l’uso della droga“. Non mi ricordo se l’opinione pubblica fosse scossa però so che – appena quattro anni prima – gli Italiani votarono a favore della liberalizzazione delle droghe leggere.
Riporto alcuni stralci della riflessione del Pontificio Consiglio.
Tesi (??) contro la legalizzazione delle droghe leggere
Il famoso sito Pontifex affronta oggi il tema della legalizzazione delle droghe leggere.
Comincio a chiarire alcuni aspetti.
Non posso considerarmi di sicuro un consumatore abituale di droghe leggere: ho fatto solo un tiro a 25 anni e da allora niente di più. Ovviamente non ho mai consumato altri tipi di droghe e faccio un moderato consumo di alcool.
Tempo fa ero sostenitore del proibizionismo in materia di droghe leggere ma – avendo una mentalità laica – col tempo ho cambiato idea per un solo motivo: la realtà dei fatti.
L’autore di Pontifex – che non si firma – si pone delle domande e da’ delle risposte: vediamole nel dettaglio.