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Maggioranza degli irlandesi a favore della legalizzazione dell’aborto.

Dopo la morte di Savita Halappanavar, la trentunenne indiana morta di setticemia in Irlanda dopo che le è stato negato di abortire, sta aumentando in Irlanda il consenso a favore della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
Attualmente l’aborto è consentito solo in caso di rischio di vita per la madre ma non esiste nessuna normativa che preveda cosa si intenda per “rischio di vita per la madre” ed i medici, temendo sanzioni penali e professionali, evitano di praticare qualsiasi aborto.
Come riporta Bbc news un sondaggio realizzato da Red C and The Sunday Business Post rivela che la maggioranza degli irlandesi è a favore della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
L’85 per cento delle persone intervistate è favore dell’aborto legale nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo ivi compreso il pericolo di suicidio.
L’82 per cento vuole estendere il diritto all’aborto in tutti i casi in cui la salute della madre sia gravemente minacciata ed anche in caso di stupro.
Il 63 per cento pensa che la minaccia di suicidio non debba essere un motivo per ricorrere all’aborto ma è d’accordo nel consentirlo in caso la vita della madre sia a rischio.
Se pur minoritaria, un considerevole 36 per cento pensa che l’aborto debba essere legale in ogni caso in cui la donna lo richieda.
Il governo irlandese sta prendendo in considerazione di cambiare la legge sull’aborto ed una decisione sarà presa prima di Natale mentre nel frattempo continuano le dimostrazioni nel Paese dei pro-choice.

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New York Times. In Irlanda la legge sull’aborto non è al passo coi tempi.

di Ethel Rohan

Alla fine di ottobre, Savita Halappanavar, di 31 anni, dentista alla diciassettesima settimana di gravidanza, è stata ricoverata in un ospedale di Galway, in Irlanda, accusando forti dolori. I medici hanno riconosciuto che stava avendo un aborto spontaneo, ma nel corso di tre giorni, sembra che abbiano rifiutato di interrompere la gravidanza e di porre fine alla sua sofferenza, perché potevano ancora rilevare un battito cardiaco fetale. Motivando come ragione il quasi totale divieto di aborto della cattolica Irlanda, i medici hanno negato a Dr. Halappanavar una procedura che molto probabilmente le avrebbe salvato la vita. È morta il 28 ottobre.
Quando ho sentito la notizia, un allarme è suonato dentro di me. Sono nata e cresciuta in Irlanda, e anche se ora vivo a San Francisco, le antiquate leggi anti aborto del mio paese d’origine mi hanno sempre bruciato. Io sono sopravvissuta agli abusi sessuali. Un uomo, un amico di famiglia, ha periodicamente abusato di me dai cinque ai tredici anni. Il mio aggressore avrebbe potuto mettermi incinta in giovane età, e nella cattolica Irlanda, non avrei avuto alcun ricorso legale, ma avrei potuto solo completare la gravidanza. Anche per andare in Inghilterra, dove l’aborto è legale, sarebbe stato impossibile senza il consenso e l’aiuto finanziario dei miei genitori. Non importa la mia età e le circostanze, i miei genitori non avrebbero mai rotto con la Chiesa cattolica ed il governo irlandese.
Se fossi rimasta incinta a tredici anni in seguito ad uno stupro e avessi avuto il diritto di scegliere, non credo che avrei ottenuto un aborto. Tuttavia, avrei meritato quella scelta e quel diritto. Ogni ragazza e donna lo merita. Continua a leggere

La cattolica Irlanda chiede il diritto di abortire

Il caso di Savita Halappanavar, la trentunenne indiana morta di setticemia in Irlanda dopo che le è stato negato di abortire, ha inevitabilmente acceso il dibattito sull’interruzione di gravidanza.
Questa vicenda ha provocato un incidente diplomatico tra Irlanda ed India. L’ambasciatore indiano Debashish Chakravarti ha detto che la donna sarebbe ancora viva qualora fosse stata curata in un ospedale indiano e che l’episodio ha provocato forti turbamenti nella comunità indiana in Irlanda e Regno Unito. Lo stesso The Times of India in un editoriale scrive che il divieto di abortire ha portato via una vita e si domanda come il bando all’interruzione di gravidanza possa conciliarsi con una visione “pro-life”?
Nel frattempo il movimento pro-choice irlandese si sta mobilitando e subito dopo la notizia della morte di Savita, duemila persone si sono radunate davanti al Parlamento irlandese per ottenere una legge più permissiva sull’interruzione di gravidanza mentre altre dimostrazioni sono state organizzate nel Regno Unito, in Belgio, a New York, a New Delhi ed a Bangalore.
A Dublino 20mila persone hanno marciato sino al parlamento scandendo lo slogan «Mai più». I dimostranti pro-choice sono stati osteggiati da alcuni attivisti anti-aborto. Sul manifesto di uno di questi si poteva leggere: «Milioni di bambini innocenti non ancora nati devono essere sacrificati a satana per la morte di una donna?». Altre manifestazioni pro-choice si sono tenute a Galway, Cork, Ennis, Clonakilty, Carlow, Limerick, Letterkenny, Kilkenny e Sligo.
Il padre di Savita si è rivolto pubblicamente al capo del governo: «Signore, la prego di cambiare la sua legge e di prendere in considerazione l’umanità. La prego di cambiare la legge sull’aborto che aiuterà a salvare la vita di tante donne in futuro».

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Irlanda: ragazza trentunenne muore perché le negano l’aborto

Dal 18 ottobre nella cattolicissima Irlanda è possibile ricorrere all’aborto. Si può farlo nella clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.
Gli antiabortisti sono scesi a protestare e la polizia ha dovuto presidiare la clinica per tutelare l’incolumità dei pazienti e del personale.
Come riporta il Time l’apertura della clinica nell’Irlanda del Nord ha inevitabilmente acceso il dibatittito anche nel resto del Paese.
Nel Sud la Chiesa cattolica (in un Paese in cui l’84 per cento della popolazione si professa cattolico) è stata importantissima nella maggior parte delle decisioni politiche ma i recenti scandali di preti coinvolti in casi di pedofilia ne hanno scalfito il prestigio.
Inoltre sempre più donne lavorano e sono interessate alla carriera e quindi la dimensione delle famiglie si è ridimensionata.
Pur essendo ancora forte l’influenza della Chiesa, il 54 per cento degli elettori è a favore della legalizzazione dell’aborto contro il 37 per cento di qualche anno fa. Continua a leggere

In Irlanda del Nord apre la prima clinica abortista: la polizia allertata per le manifestazioni degli anti-abortisti

Tempi duri per il cosiddetto movimento pro-life (o meglio “no-choice”) contro la legalizzazione dell’aborto.
Il cattolicissimo Uruguay ha legalizzato l’aborto ed è solo la seconda nazione del continente sudamericano ad autorizzare la procedura.
L’aborto resta illegale invece in Irlanda e le donne irlandesi che volevano abortire sono costrette a ricorrere agli ospedali del Regno Unito o in Europa.
Per le donne irlandesi che volessero abortire da giovedì potranno farlo alla clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.

Ovviamente la tensione è alta per l’apertura della clinica e molti attivisti anti-aborto si stanno dirigendo verso Belfast.
I “no-choice” hanno detto che protesteranno al di fuori della clinica e – imitando una forma di protesta dei Radicali italiani – osserveranno tre giorni di preghiera e digiuno.

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