La relazione del ministero della Sanità sull’attuazione della legge 194 del 1981 che regolamenta l’interruzione di gravidanza ha ovviamente provocato la reazione del mondo cattolico: una reazione tutto sommato timida considerando che il numero degli aborti è in forte calo.
Su Avvenire interviene il presidente del Movimento per la vita Carlo Casini: «La relazione ministeriale sugli aborti in Italia fa sorgere due domande. La prima: i numeri sono completi? Lo sono certamente per quanto riguarda le Ivg ospedaliere, ma sono completi anche se il criterio di giudizio riguarda la distruzione di vite umane incipienti? Se seguiamo questo secondo criterio bisogna tener conto degli effetti prodotti dall’inconoscibile aborto chimico (400 mila confezioni di pillola del giorno dopo vendute ogni anno) e del persistere dell’aborto clandestino classico di cui qualche episodio giudiziario fa ogni tanto emergere». Casini forse confonde l’aborto chimico (praticato con la pillola abortiva Ru-486) con la pillola del giorno dopo che, secondo quanto afferma l’Organizzazione mondiale della sanità, è inefficace dopo l’ovulazione e non provoca l’aborto. Quindi se si dovesse considerare “abortiva” la pillola del giorno dopo, bisognerebbe considerare tale ogni sistema di contraccezione compreso il preservativo.
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New York Times. In Irlanda la legge sull’aborto non è al passo coi tempi.
di Ethel Rohan
Alla fine di ottobre, Savita Halappanavar, di 31 anni, dentista alla diciassettesima settimana di gravidanza, è stata ricoverata in un ospedale di Galway, in Irlanda, accusando forti dolori. I medici hanno riconosciuto che stava avendo un aborto spontaneo, ma nel corso di tre giorni, sembra che abbiano rifiutato di interrompere la gravidanza e di porre fine alla sua sofferenza, perché potevano ancora rilevare un battito cardiaco fetale. Motivando come ragione il quasi totale divieto di aborto della cattolica Irlanda, i medici hanno negato a Dr. Halappanavar una procedura che molto probabilmente le avrebbe salvato la vita. È morta il 28 ottobre.
Quando ho sentito la notizia, un allarme è suonato dentro di me. Sono nata e cresciuta in Irlanda, e anche se ora vivo a San Francisco, le antiquate leggi anti aborto del mio paese d’origine mi hanno sempre bruciato. Io sono sopravvissuta agli abusi sessuali. Un uomo, un amico di famiglia, ha periodicamente abusato di me dai cinque ai tredici anni. Il mio aggressore avrebbe potuto mettermi incinta in giovane età, e nella cattolica Irlanda, non avrei avuto alcun ricorso legale, ma avrei potuto solo completare la gravidanza. Anche per andare in Inghilterra, dove l’aborto è legale, sarebbe stato impossibile senza il consenso e l’aiuto finanziario dei miei genitori. Non importa la mia età e le circostanze, i miei genitori non avrebbero mai rotto con la Chiesa cattolica ed il governo irlandese.
Se fossi rimasta incinta a tredici anni in seguito ad uno stupro e avessi avuto il diritto di scegliere, non credo che avrei ottenuto un aborto. Tuttavia, avrei meritato quella scelta e quel diritto. Ogni ragazza e donna lo merita. Continua a leggere
Le manifestazioni di piazza della cattolica Irlanda che chiede l’aborto (video)
March for Choice, Celebrate women, being pro choice & proud! (55 minute version)
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La cattolica Irlanda chiede il diritto di abortire
Il caso di Savita Halappanavar, la trentunenne indiana morta di setticemia in Irlanda dopo che le è stato negato di abortire, ha inevitabilmente acceso il dibattito sull’interruzione di gravidanza.
Questa vicenda ha provocato un incidente diplomatico tra Irlanda ed India. L’ambasciatore indiano Debashish Chakravarti ha detto che la donna sarebbe ancora viva qualora fosse stata curata in un ospedale indiano e che l’episodio ha provocato forti turbamenti nella comunità indiana in Irlanda e Regno Unito. Lo stesso The Times of India in un editoriale scrive che il divieto di abortire ha portato via una vita e si domanda come il bando all’interruzione di gravidanza possa conciliarsi con una visione “pro-life”?
Nel frattempo il movimento pro-choice irlandese si sta mobilitando e subito dopo la notizia della morte di Savita, duemila persone si sono radunate davanti al Parlamento irlandese per ottenere una legge più permissiva sull’interruzione di gravidanza mentre altre dimostrazioni sono state organizzate nel Regno Unito, in Belgio, a New York, a New Delhi ed a Bangalore.
A Dublino 20mila persone hanno marciato sino al parlamento scandendo lo slogan «Mai più». I dimostranti pro-choice sono stati osteggiati da alcuni attivisti anti-aborto. Sul manifesto di uno di questi si poteva leggere: «Milioni di bambini innocenti non ancora nati devono essere sacrificati a satana per la morte di una donna?». Altre manifestazioni pro-choice si sono tenute a Galway, Cork, Ennis, Clonakilty, Carlow, Limerick, Letterkenny, Kilkenny e Sligo.
Il padre di Savita si è rivolto pubblicamente al capo del governo: «Signore, la prego di cambiare la sua legge e di prendere in considerazione l’umanità. La prego di cambiare la legge sull’aborto che aiuterà a salvare la vita di tante donne in futuro».
Irlanda: ragazza trentunenne muore perché le negano l’aborto
Dal 18 ottobre nella cattolicissima Irlanda è possibile ricorrere all’aborto. Si può farlo nella clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.
Gli antiabortisti sono scesi a protestare e la polizia ha dovuto presidiare la clinica per tutelare l’incolumità dei pazienti e del personale.
Come riporta il Time l’apertura della clinica nell’Irlanda del Nord ha inevitabilmente acceso il dibatittito anche nel resto del Paese.
Nel Sud la Chiesa cattolica (in un Paese in cui l’84 per cento della popolazione si professa cattolico) è stata importantissima nella maggior parte delle decisioni politiche ma i recenti scandali di preti coinvolti in casi di pedofilia ne hanno scalfito il prestigio.
Inoltre sempre più donne lavorano e sono interessate alla carriera e quindi la dimensione delle famiglie si è ridimensionata.
Pur essendo ancora forte l’influenza della Chiesa, il 54 per cento degli elettori è a favore della legalizzazione dell’aborto contro il 37 per cento di qualche anno fa. Continua a leggere
Dichiarazione soprendente del Movimento per la vita: «il calo degli aborti legali fa temere un aumento di quelli illegali».
La relazione annuale sull’interruzione di gravidanza ha confermato la diminuzione degli aborti rispetto all’anno precedente in linea con un trend iniziato dal 1982.
Le cifre dovrebbero far ben sperare ma non è così per il Movimento per la vita che ha presentato a Montecitorio il suo “Esame critico della Relazione ministeriale dell’8 ottobre 2012 contenente dati preliminari 2011 e dati definitivi 2010”.
Nel rapporto del Mpv si esprimono dei dubbi sulla diminuzione degli aborti illegali la cui diminuzione «non è possibile controllare e che comunque partono dal presupposto (evidenziato in qualche precedente Relazione) che se diminuiscono gli aborti legali devono diminuire anche quelli illegali». Nel rapporto si considera che «tale presupposto è irragionevolissimo, perché, anzi, si può presumere che proprio il calo numerico delle Ivg legali fa temere un aumento di quelle illegali».
Il ragionamento del Movimento per la vita è condivisibile: in effetti una donna che voglia accedere all’aborto e che sia impossibilitata di poterlo fare legalmente (magari per la presenza di medici obiettori) ricorrerà ad aborti illegali (ed insicuri). Continua a leggere
In Irlanda del Nord apre la prima clinica abortista: la polizia allertata per le manifestazioni degli anti-abortisti
Tempi duri per il cosiddetto movimento pro-life (o meglio “no-choice”) contro la legalizzazione dell’aborto.
Il cattolicissimo Uruguay ha legalizzato l’aborto ed è solo la seconda nazione del continente sudamericano ad autorizzare la procedura.
L’aborto resta illegale invece in Irlanda e le donne irlandesi che volevano abortire sono costrette a ricorrere agli ospedali del Regno Unito o in Europa.
Per le donne irlandesi che volessero abortire da giovedì potranno farlo alla clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.
Ovviamente la tensione è alta per l’apertura della clinica e molti attivisti anti-aborto si stanno dirigendo verso Belfast.
I “no-choice” hanno detto che protesteranno al di fuori della clinica e – imitando una forma di protesta dei Radicali italiani – osserveranno tre giorni di preghiera e digiuno.