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Disegno di legge contro l’omofobia: la “Nuova bussola quotidiana” non l’ha mai “Amato”

Il deputato Ivan Scalfarotto del Pd sembra aver messo in agitazione il mondo cattolico dopo aver presentato un disegno di legge “per la repressione delle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”.
Il disegno di legge si compone di solo quattro articoli e va a modificare due leggi già esistenti nel nostro ordinamento: la legge 654/1975 e la legge 205/1993 più famosa come “Legge Mancino”. La legge 654/1975 è la ratifica ed esecuzione della cosiddetta Convenzione di New York del 1966 tesa ad eliminare tutte le forme di discriminazione razziale mentre la “Legge Mancino” introduce misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

Nello specifico l’articolo 2 del disegno di legge Scalfarotto modifica il comma 1 dell’articolo 3 della legge 654/1975 che già punisce «con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Alle motivazioni razziali, etniche, nazionali e religiosi il disegno di legge aggiunge le motivazioni legate all’«identità sessuale della vittima».

Nello stesso articolo 3 la legge 654/1975 prevede «la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». A queste circostanze viene aggiunta, come prima, l’identità sessuale della vittima.
La stessa circostanza sarebbe aggiunta nel comma 3 dell’articolo 3 della stessa legge che già vieta «ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».

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Puppato (Pd): ”Gay, diritti civili sono diritti umani”. Ma quali?

«I diritti civili dei gay sono diritti umani: credo che nel momento in cui dobbiamo certificare la nascita di una famiglia anche con una forma diversa rispetto a quella che avevamo in mente, possa essere fatto lo sforzo di accettare che quella famiglia sia considerata tale»: ad esprimersi in questo modo è Laura Puppato, capogruppo Pd alla Regione Veneto e unica donna (per il momento) in corsa alle primarie del centrosinistra intervistata da RepubblicaTv.
È purtroppo significativo che esponenti del Pd considerino uno “sforzo” ed un'”accettazione” l’estensione di diritti anche alla comunita lgbt soprattutto considerando che ci sono a riguardo due convenzioni europee, una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, due risoluzioni del parlamento europeo, una sentenza della Corte costituzionale ed una sentenza della Corte di cassazione.
Inoltre non serve certamente “certificare la nascita di una famiglia” perché – come ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza 138/2010 – la famiglia è una “società naturale” perché ha «dei diritti originari e preesistenti allo Stato». Continua a leggere

Matrimonio omosessuale. Rosy Bindi: «Gli omosessuali abbiano la fantasia di inventarsi un “loro” matrimonio». E se lo facessero veramente?

Simpatico (ma non troppo) siparietto tra Rosy Bindi (presidente del Pd e vicepresidente della Camera dei Deputati) ed un esponente omosessuale di Sel che le ha chiesto «Presidente, perché non vuole che mi sposi?». La risposta dell’esponente del Pd è stata «Io ti auguro di fare quello che vuoi ma in questo paese c’è la Costituzione».
La questione costituzionale è stata affrontata dalla Corte con la sentenza 138/2010. La disposizione dell’art. 29 della Costituzione stabilisce, nel primo comma, che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», e nel secondo comma aggiunge che «il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare». Alcuni ritengono che l’espressione “società naturale” identifichi la famiglia eterosessuale mentre per la Corte Costituzionale «con tale espressione, come si desume dai lavori preparatori dell’Assemblea costituente, si volle sottolineare che la famiglia contemplata dalla norma aveva dei diritti originari e preesistenti allo Stato, che questo doveva riconoscere» ed inoltre che «i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi».
Per la Corte Costituzionale «come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di Assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. Pertanto, in assenza di diversi riferimenti, è inevitabile concludere che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso». Continua a leggere