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Regno Unito: dalla legalizzazione delle droghe leggere un guadagno di un miliardo di sterline.

Dal Regno Unito arriva un nuovo intervento a favore della legalizzazione delle droghe leggere. Secondo uno studio dell’Institute for Social and Economic Research se il governo britannico cambiasse la sua politica sulle droghe leggere potrebbe guadagnare sino ad un miliardo e 250 milioni di sterline ogni anno.
Così come riporta il Guardian, 300 milioni sarebbero risparmiati per le minore spese da parte del sistema giudiziario, penitenziario e da parte della polizia nella repressione dei reati minori connessi alle droghe leggere mentre il resto verrebbe dalla tassazione della vendita di tali sostanze.
Il documento è stato realizzato da Stephen Pudney, professore di economia presso l’Università di Essex, e considera non solo i vantaggi economici (minore impiego di denaro pubblico nella repressione e tassazione dalla vendita) ma anche i potenziali costi come gli oneri di regolamentazione e le maggiori iniziative per le campagne di sensibilizzazione.
Nello studio che è stato commissionato dalla Fondazione Beckley, un think tank che chiede una riforma della politica sulle droghe, si ammette che probabilmente il consumo di droghe leggere aumenterà in conseguenza del passaggio ad uno status legale ed ad un prezzo più basso. Continua a leggere

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“La Chiesa è una grande mafia”: parola di prete cattolico scozzese abusato da prete.

In Gran Bretagna la Chiesa anglicana ha il suo bel da farsi nel gestire i casi di pedofilia e molte ombre arrivano dal passato. Come riporta il Guardian, l’arcivescovo di York, John Sentamu ha ordinato la riapertura di documenti riguardanti tutti i membri del clero (anche deceduti) che hanno servito nella sua diocesi sin dal lontano 1950 ad oggi in modo che un’indagine indipendente possa appurare se ci possano essere stati in passato degli abusi sessuali nei confronti di bambini. Questa decisione arriva cinque settimane dopo le scuse del Sinodo generale della Chiesa anglicana per la sua incapacità nell’ascoltare le vittime degli abusi.
Il capo del personale dell’arcivescovo, il reverendo Malcolm Macnaughton, ha aggiunto che se saranno coinvolti membri del clero ancora in vita saranno segnalati direttamente alla polizia in modo da tutelare i bambini.
Recentemente la Chiesa anglicana è entrata nell’occhio del ciclone a causa di varie accuse nei confronti di Robert Waddington, decano della Cattedrale di Manchester tra il 1984 e il 1990, che è stato accusato di aver abusato sessualmente di bambini in Gran Bretagna ed all’estero: su Waddington (morto nel 2007) John Santamu ha aperto un’inchiesta.
I presunti casi di abusi commessi da Waddington hanno coinvolto anche l’allora arcivescovo di York, Lord David Speranza che avrebbe coperto Waddington in un presunto abuso nei confronti di un allievo mentre era preside di una scuola nel Queensland in Australia. Inoltre nel 2003 un ex chierichetto della Cattedrale di Manchester ha sostenuto di essere stato abusato da Waddington nel 1980. David Speranza ha negato le accuse di negligenza affermando di aver sempre rispettato le indicazioni della Chiesa anglicana.

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Uk: abortisce e viene condannata a otto anni di carcere da un giudice di un’associazione cristiana

Nel diritto processuale (sia civile che penale) è previsto l’istituto della ricusazione: ossia si chiede la sostituzione del giudice in un determinato processo qualora ci sia il fondato sospetto che non possa essere imparziale.
Forse è quanto avrebbe voluto fare Sarah Catt, una donna britannica di 35 anni, condannata da un giudice ad otto anni di carcere per essersi procurata un aborto nella fase finale della sua gravidanza.
Ora si è scoperto – come riporta il quotidiano The Guardian – che il giudice che l’ha condannata, Jeremy Cooke, è collegato ad un’associazione cristiana che ha condotto una campagna per leggi più restrittive sull’aborto.
La donna aveva assunto dei farmaci quando era incinta di 29 settimane per provocarsi un parto prematuro e successivamente ha assunto del veleno per avere un aborto spontaneo (al pari di quanto facevano molte donne in Italia prima che entrasse in vigore la legge 194): di tutto questo la donna si è dichiarata colpevole sebbene si sia rifiutata di rivelare dove abbia sepolto il feto.
La condanna ha suscitato un dibattito nel Regno Unito soprattutto considerando che il giudice Jeremy Cooke nella sentenza ha scritto «Non c’è nessuna mitigazione possibile in riferimento alla legge sull’aborto, qualunque punto di vista si possa prendere sulle sue disposizioni che in pratica sono, a torto, liberamente interpretate in modo da rendere possibile l’aborto su richiesta entro le 24 settimane con l’approvazione di medici registrati» lasciando intendere con quel wrongly (a torto) la sua visione sull’aborto.
Infatti il giudice Cooke è un membro della Lawyers’ Christian Fellowship (LCF) e uno dei vicepresidenti dell’organizzazione fino a dicembre 2010. Continua a leggere