Archivi tag: sentenza

Matrimonio gay: un percorso giuridico lungo vent’anni.

Nell’ambito del riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali attualmente – tra i ventisette Stati membri dell’Unione europea – sedici prevedono il riconoscimento delle unioni civili, sei prevedono il matrimonio ed otto prevedono l’adozione.

Tra gli stati a non avere ancora legiferato in materia di coppie omosessuali (unioni civili, matrimonio o adozione) l’Italia è assieme a Bulgaria, Cipro, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia.

Ovviamente – in materia di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuale – hanno avuto molta importanza le varie convenzioni, raccomandazioni, risoluzioni e sentenze dell’Unione Europea ed anche – nel caso delle sentenze – dei nostri giudici.

Dal 1990 è entrata lentamente in vigore negli stati membri la Convenzione di Schengen del 1985 che prevede la libera circolazione di merci e persone all’interno dei trenta paesi dell’area Schengen. La Convenzione di Schengen è molto importante – seppur indirettamente – anche in materia di riconoscimento del matrimonio omosessuale. Infatti un extracomunitario potrebbe – ad esempio – contrarre matrimonio omosessuale in Spagna con un cittadino comunitario. In virtù del matrimonio contratto potrebbe ottenere il permesso di soggiorno in Spagna che permetterebbe – considerata la Convenzione di Schengen – di circolare e soggiornare in tutti i paesi aderenti alla Convenzione (ivi compresi quelli in cui non è possibile il matrimonio omosessuale). Perciò – in un’Europa profondamente cambiata nel corso degli anni ed in cui è possibile viaggiare e soggiornare liberamente – si pone il problema di uniformare gli istituti giuridici sulle coppie omosessuali.

Continua a leggere

Pubblicità

Cassazione: omosessualità non è diritto di cronaca. La confusione di Pontifex.

Nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione con la sentenza 30639/2012 ha stabilito che è diffamatorio rivelare la presunta omosessualità di una persona identificabile senza il consenso di quest’ultima. La sentenza della Cassazione è più che giusta ed è coerente con un percorso fatto di norme e codici deontologici iniziato nel 1996.

Il solito Bruno Volpe (da ricordare che è avvocato e giornalista) affronta l’argomento con un articolo dal titolo «Cari gay, e adesso arresterete l’ “omofoba” Cassazione?».
Queste le parole del giornalista: «Nel fracasso della scena occupata giustamente da borse e spread, è passata quasi inosservata una importante decisione della Cassazione. Il motivo del contendere era una banale fattispecie di diffamazione. Ovvero, un Tizio aveva diffuso notizie riservate sul conto di Caio, spettegolando che questi fosse gay. Lo aveva fatto alla presenza di più persone e dunque, in ipotesi diffamatoria».
Difficile capirci qualcosa in questo modo. I fatti sono questi. Un giornale locale aveva riportato la notizia della separazione di due coniugi e – per il giornale – la causa della rottura era una presunta relazione omosessuale del marito. Il giornale non ha riportato i nomi dei coniugi ma erano presenti altri dati che aiutavano ad identificare facilmente i protagonisti della storia come le iniziali, le professioni ed il paese in cui era avvenuto il fatto.
La persona interessata si era sentita diffamata dall’articolo ed aveva denunciato il giornale: il fatto è arrivato in Cassazione che ha dato ragione al denunciante.
Quindi è il caso di diffamazione a mezzo stampa e non di «un Tizio che aveva diffuso notizie riservate sul conto di Caio, spettegolando che questi fosse gay». Continua a leggere