Fine vita: la decisione di Martini non sarebbe stata permessa dalla legge

La morte del cardinal Martini ha suscitato molte divisioni sia all’interno del mondo cattolico che in quello laico.
Una parte dei cattolici non ne condivideva le posizioni progressiste mentre una parte del mondo laico ha messo in luce che il cardinale non si fosse mai messo in contrapposizione (e questo non è esattamente vero) con le gerarchie ecclesiastiche.

Polemiche si sono riaccese anche davanti alla decisione del religioso di evitare l’accanimento terapeutico.

Il caso è stato paragonato all’episodio di Eluana Englaro per cui era stata sospesa la nutrizione.

Davanti a queste polemiche la Santa Sede tramite Don Roberto Colombo – docente alla facoltà di medicina dell’ospedale Gemelli di Roma – è intervenuta nel dibattito.

Il prelato ha affermato dalle pagine de l’Osservatore Romano (organo ufficiale della Santa Sede) che «da quanto ha dichiarato il suo medico personale, il professor Gianni Pezzoli, si è verificata un’ultima crisi particolarmente grave a metà agosto, e il cardinale non è stato più in grado di deglutire cibi, né solidi né liquidi. Si è allora prospettata l’eventualità di una alimentazione per via enterale, attraverso un sondino. Il cardinale ha scelto di non farsi praticare questo trattamento considerato l’avvicinarsi ormai imminente del termine della sua vita».

Perciò – come afferma la stessa Santa Sede – il cardinal Martini aveva deciso di rifiutare un’alimentazione forzata.

A prescindere dai casi di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby è utile mettere in evidenza cosa prevede il disegno di legge Calabrò – attualmente in discussione in Parlamento – in materia di dichiarazioni anticipate di trattamento.
Il testo ribadisce (art. 3) che – in caso di una perdita delle capacità di intendere e di volere da parte del paziente – alimentazione ed idratazione «sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento».

Per questo motivo – qualora fosse stata in vigore la legge attualmente in discussione in Parlamento – il cardinal Martini non poteva decidere- qualora non fosse stato più cosciente – di non farsi alimentare ma la scelta sarebbe stata solo ed esclusivamente del medico che avrebbe potuto anche non rispettare la volontà dell’illustre paziente.

Questo significa che Martini – per far rispettare la sua volontà di non essere alimentato – avrebbe dovuto mantenersi cosciente fino all’ultimo istante di vita altrimenti il medico avrebbe potuto agire contro la sua volontà.

Articolo pubblicato anche su