Archivi categoria: Aborto

Quel gran bravo cristiano di Putin

Vladimir PutinUn tempo un viaggio in Unione Sovietica era quasi una tappa obbligata per un membro del Partito Comunista Italiano che volesse aspirare a cariche politiche. Ora il Muro di Berlino è crollato, l’Unione Sovietica ed il Pci non esistono più ma la “Grande Madre Russia” è ancora un modello per tanti: non più per vecchi compagni nostalgici ma principalmente per cattolici tradizionalisti che plaudono alle politiche del “fratello Vladimiro” su aborto, omosessuali ed insegnamento della religione.
In prima linea ad apprezzare l’operato del presidente Russo è l’organo di Comunione e liberazione, Tempi. “Putin vieta di pubblicizzare l’aborto in Russia” così si titola in un articolo firmato da Leone Grotti in cui si sottolinea che «aumentare il tasso di natalità della popolazione è da 14 anni una delle priorità di Putin, che d’accordo con la Chiesa ortodossa russa sta cercando di limitare le interruzioni di gravidanza in Russia». Un provvedimento di cui ha dato notizia anche il Sussidiario.net. Continua a leggere

Morale “made in Usa”: va bene la pena di morte ma non la pornografia.

deathpenalty4Siamo Americani e crediamo che la Bibbia sia la parola di Dio: questo è quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca Gallup secondo cui per tre statunitensi su quattro la Bibbia corrisponde al volere di dio.
Per quasi la metà (47 percento) il “sacro testo” deve essere interpretato in maniera letterale parola per parola mentre per il 28 percento non tutto deve essere preso alla lettera: solo il 21 percento lo considera un libro di leggende e precetti morali scritti da un uomo.
Detto ciò ci si aspetterebbe dagli statunitensi un fedele sostegno alle posizioni della Chiesa ma altri sondaggi mostrano che non è affatto così: sono favorevoli alla legalizzazione delle droghe leggere, continuano (purtroppo) ad approvare la pena di morte mentre si dividono sull’eutanasia.
Nonostante per gli americani la Bibbia sia un testo da tenere in massima considerazione aumenta il consenso a favore del matrimonio per le coppie dello stesso sesso: nel luglio del 2013 il 54 percento dei cittadini Usa (tra cui il 60 di cattolici) si erano detti a favore ed oggi – in base ad un’altra rilevazione di Gallup – questa percentuale è salita al 55 mentre è scesa di un punto (dal 43 al 42) la fazione di coloro che si oppongono. Ad essere maggiormente a favore sono i giovani tra i 18 e i 29 anni (addirittura il 78 percento) e chi si identifica politicamente come Liberale o Democratico (rispettivamente 82 e 74 percento a favore). Continua a leggere

Siamo Italiani: vanno bene i gay ed i preservativi ma non le corna.

Bisogna ammetterlo: l’elezione di papa Francesco sembra aver avvicinato molte persone alla Chiesa ma gli italiani continuano ad essere lontani dalle sue posizioni: questo è quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca Pew Research Center che ha interpellato i cittadini di quaranta Paesi su questioni come le relazioni extraconiugali, il gioco d’azzardo, l’aborto, l’uso di alcool, l’omosessualità, il divorzio, il sesso prima del matrimonio e l’uso di anticoncezionali.
Esce fuori il quadro di un’Italia che considera moralmente accettabile tutto tranne i rapporti coniugali e l’aborto.
Il 64 per cento del campione intervistato ritiene che le “scappatelle” siano moralmente inaccettabili mentre solo il 10 per cento non vede nessun problema ed un 16 che pensa che non sia una questione morale.
A considerare l’aborto immorale è il 41 per cento degli italiani sebbene il 25 creda sia accettabile da un punto di vista morale e l’11 non ne fa una questione etica.
Via libera invece per gioco d’azzardo (rifiutato solo dal 33 per cento), uso di alcool (27 per cento), omosessualità (19 per cento), divorzio (immorale per il 18 per cento), sesso prima del matrimonio (solo 11 su cento lo considerano inaccettabile) e, nonostante la posizione della Chiesa cattolica, solo sei italiani su 100 condannano l’uso di contraccettivi. Continua a leggere

Virginia Lalli: “Dove l’aborto è più libero le donne muoiono di più”. È veramente così?

Nonostante siano passati 32 anni dall’approvazione della legge 194 che regolamenta l’aborto in Italia e sebbene gli aborti in questo terzo di secolo si siano in pratica dimezzati, in Italia resiste un movimento che vorrebbe rendere l’aborto illegale o quanto meno rimandarlo nella clandestinità.
A sostegno di tale tesi Virginia Lalli sulla rivista Notizie Pro Vita propone l’articolo “Dove l’aborto è libero le donne muoiono di più” e si richiama all’articolo “Abortionists are not held accountable for mistake” di Lenora W. Berning pubblicato sul sito pro-life afterabortion.org dell’Elliott Institute, un’organizzazione che ha i tra i suoi scopi quello di restringere l’accesso all’aborto.

Così scrive Virginia Lalli: «Le cliniche abortiste (negli Usa, ndr), che offrono normalmente solo quel servizio, cioè non sono ospedali polifunzionali, mantengono i medici abortisti liberi da responsabilità per eventuali complicazioni. Coloro che sono favorevoli all’aborto su richiesta sostengono che il tasso di complicanze riportato a seguito di aborti è basso. Ma ciò accade non perché ci siano poche complicazioni, ma perché le complicazioni sono sottostimate. E sono sottostimate, perché non c’è un sistema organizzato oggi atto a quantificare le ripercussioni dannose dell’aborto. L’industria dell’aborto ha mantenuto gli abortisti liberi da ogni tipo di supervisione, regolamentazione, e da responsabilità che sono invece normali per tutto il resto dei professionisti sanitari». Ovviamente la situazione statunitense non è per niente applicabile al contesto italiano dove gli aborti sono eseguiti in ospedali pubblici polifunzionali (e non cliniche private) in cui i medici sono responsabili del loro operato e dove ogni anno viene pubblicata una relazione da parte del ministero della Sanità con le percentuali di complicazioni a seguito di interruzione volontaria di gravidanza. Continua a leggere

Il Movimento per la vita: “L’aborto? Colpa dei libri scolastici e della televisione”.

La relazione del ministero della Sanità sull’attuazione della legge 194 del 1981 che regolamenta l’interruzione di gravidanza ha ovviamente provocato la reazione del mondo cattolico: una reazione tutto sommato timida considerando che il numero degli aborti è in forte calo.
Su Avvenire interviene il presidente del Movimento per la vita Carlo Casini: «La relazione ministeriale sugli aborti in Italia fa sorgere due domande. La prima: i numeri sono completi? Lo sono certamente per quanto riguarda le Ivg ospedaliere, ma sono completi anche se il criterio di giudizio riguarda la distruzione di vite umane incipienti? Se seguiamo questo secondo criterio bisogna tener conto degli effetti prodotti dall’inconoscibile aborto chimico (400 mila confezioni di pillola del giorno dopo vendute ogni anno) e del persistere dell’aborto clandestino classico di cui qualche episodio giudiziario fa ogni tanto emergere». Casini forse confonde l’aborto chimico (praticato con la pillola abortiva Ru-486) con la pillola del giorno dopo che, secondo quanto afferma l’Organizzazione mondiale della sanità, è inefficace dopo l’ovulazione e non provoca l’aborto. Quindi se si dovesse considerare “abortiva” la pillola del giorno dopo, bisognerebbe considerare tale ogni sistema di contraccezione compreso il preservativo.
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Relazione del ministero della Sanità sulla legge 194: tante parole, pochi fatti.

In Parlamento è stata presentata la relazione annuale sull’attuazione della legge 194/1981 sull’aborto.
I dati confermano una diminuzione degli aborti: nel 2012 sono state effettuate 105.968 aborti (dato provvisorio) con un decremento del 4,9 per cento rispetto al dato definitivo del 2011 (111.415 casi) e del 54,9 rispetto al 1982 (234.801 interventi).
Il tasso di abortività (numero delle interruzioni volontarie di gravidanze per 1000 donne in età feconda tra 15-49 anni) è risultato del 7,8 per mille con un decremento dell’1,8 per cento rispetto al 2011 (8,0 per 1000) e un decremento del 54,7 rispetto al 1982: questo valore è il più basso tra i Paesi industrializzati e l’Italia è il Paese in cui si ricorre di meno all’aborto rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale.
Diminuisce anche il rapporto di abortività (percentuale di aborti rispetto ai nati vivi): nel 2011 è risultato del 200,8 per mille con un decremento del 2,5 per cento rispetto al 2011 (206.0 per mille) e un decremento del 47,2 per cento rispetto al 1982.

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Vescovi nigeriani: un suicidio importare il condom. Nessun problema per il “santo” inquinamento.

Questa volta a dare l’allarme sono i vescovi nigeriani: «Siamo preoccupati per i tentativi continui da parte di agenzie straniere di introdurre valori malsani nella nostra società nigeriana nelle loro campagne per l’aborto, la distribuzione di preservativi e la promozione di unioni omosessuali». La nota della Conferenza episcopale nigeriana viene riportata da Tempi che scrive: «Nonostante tutti i problemi del Paese africano più popoloso al mondo, dal terrorismo di Boko Haram all’uso “fraudolento di denaro pubblico [che] depriva i cittadini di servizi di base come un’educazione di qualità, servizi sanitari adeguati, strade decenti, erogazione continua di elettricità, acqua potabile, ecc..”, diverse Ong occidentali si preoccupano solo di introdurre nel Paese i loro “valori malsani”».
Ovviamente i vescovi nigeriani si scagliano contro le leggi a favore dei diritti degli omosessuali ritenendo che sia «un suicidio importare pratiche e stili di vita che sono estranei alla Nigeria».
Purtroppo non è dato sapere chi siano queste “agenzie straniere” che vogliono introdurre in Nigeria campagne per l’aborto, per la distribuzione di preservativi ed a favore della legalizzazione delle unioni omosessuali. Il pensiero potrebbe andare ad Amnesty International che da sempre denuncia gravi violazioni dei diritti umani in Nigeria tra cui «danni ambientali ed inquinamento, che hanno minato i diritti al cibo, all’acqua potabile ed ai mezzi di sussistenza». Continua a leggere

Usa: educazione sessuale ed accesso ai contraccettivi salvano gli adolescenti da gravidanze indesiderate

Sono in netto calo negli Stati Uniti le gravidanze tra gli adolescenti confermando un trend che dura ormai da vent’anni: a rivelarlo è il prestigioso settimanale Time prendendo come riferimento uno studio dell’U.S. Center for Disease Control and Prevention (CDC).
Le gravidanze tra gli adolescenti – dal 2007 al 2011 – sono diminuite almeno del 15 per cento in quasi tutti gli Stati (nel West Virginia e nel North Dakota non ci sono stati cambiamenti significativi): negli Stati dell’Arizona, del Colorado, dell’Idaho, del Nevada e dello Utah il tasso di gravidanze adolescenziali si è ridotto addirittura del 30 per cento.
Nel 2011 il tasso di gravidanze adolescenziali (ossia gravidanze comprese tra i 15 ed i 19 anni) si è attestato a 31,1 nascite ogni mille adolescenti con un calo del 25 per cento rispetto al 2007 quando, su 1000 adolescenti, il 41,5 aspettava un bambino: il tasso registrato nel 2011 è il più basso mai rilevato dal Cdc.
Secondo Bill Albert, direttore della campagna nazionale per prevenire le gravidanze adolescenziali ed indesiderate, la risposta a questi risultati nasce da una combinazione di meno sesso e più contraccezione. Aggiunge: «Gli adolescenti hanno un maggior numero di metodi di contraccettivi da scegliere e l’assortimento di metodi contraccettivi non è stato mai talmente vasto». Continua a leggere

Aborto negli Usa: sconfitta per i no-choice dell’Arizona e dell’Idaho.

Martedì la Corte d’Appello del 9° Distretto degli Stati Uniti ha abolito il divieto dello Stato dell’Arizona di abortire dopo la ventesima settimana di gravidanza in assenza di una emergenza medica.
La Corte d’Appello ha sentenziato che la legge viola il diritto costituzionale della donna di interrompere una gravidanza prima che il feto sia in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero. La “vitalità” di un feto è generalmente considerata a partire dalla ventiquattresima settimana. Altri nove Stati americani hanno stabilito divieti simili a partire dalla ventesima settimana di gravidanza o prima. Molti di questi divieti sono stati messi giudicati illegali da altri tribunali.
Il giudice Marsha Berzon, scrivendo per la corte composta da tre giudici, ha detto che tali divieti prima che il veto sia vitale violano una lunga serie di sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti a partire dalla storica sentenza Roe vs Wade del 1973. Il giudice ha scritto che «una donna ha il diritto costituzionale di scegliere di interrompere la gravidanza prima che il feto sia vitale». Continua a leggere

Eurispes: l’Italia si allontana dalla Chiesa e dalle sue posizioni

Un Paese sempre più secolarizzato e che ha meno fiducia nella Chiesa: questo è quanto emerge dalla venticinquesima edizione del Rapporto Italia 2013 dell’Eurispes.

Nonostante le gerarchie ecclesiastiche siano ancora molto influenti nella politica italiana, solamente il 36,6 per cento degli italiani ha fiducia nella Chiesa cattolica che registra un brusco calo di consensi rispetto all’anno scorso quando godeva del favore del 47,3 per cento della popolazione (-10,7).

Gli italiani continua ad allontanarsi dalle posizioni della Chiesa su alcuni temi sensibili. Nel 2013 l’86,3 per cento delle persone intervistate da Eurispes si dichiara a favore del divorzio breve che permette – in presenza di consensualità e in assenza di prole – di porre fine al matrimonio entro un anno: l’anno scorso il favore era dell’82,2 (+ 4,1). Ad essere maggiormente convinti della bontà del matrimonio breve sono gli abitanti del Centro Italia (90,6 per cento) mentre pareri favorevoli più timidi ma sempre altamente maggioritari tra gli italiani delle isole (80,8 per cento).

Nell’ambito delle relazioni affettive il 77,2 per cento degli italiani è a favore di una tutela giuridica delle coppie di fatto. Gli abitanti del Centro sono i più sensibili alla tutela giuridica delle coppie di fatto (83,2 per cento) seguiti da quelli delle zone settentrionali (79,7 per cento nel Nord-Est e 78,6 nel Nord-Ovest) mentre valori leggermente inferiori ma sempre di gran lunga maggioritari nelle Isole (73,7) e nel Sud (69,7). Su questo tema gli elettori di entrambi gli schieramenti si dimostrano a favore sebbene quelli che seguono i partiti di sinistra e di centrosinistra sono più favorevoli (sinistra 86,1 per cento e centrosinistra 85,1). Ampi consensi per il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto anche tra i votanti delle forze di centrodestra (71,7) destra (68,9) e centro (67,8). Continua a leggere

L’America di Obama si scopre pro-choice sull’aborto

Barack ObamaIl presidente statunitense Obama ha inaugurato il suo secondo mandato parlando esplicitamente, durante il suo discorso d’insediamento, dei diritti dei «fratelli e delle sorelle gay» e l’America, a quarant’anni dalla decisione della Suprema Corte nel caso Roe v. Wade che ha legalizzato l’aborto nei primi tre mesi di gravidanza, si rivela nettamente pro-choice.
Questo è quanto emerge da tre diversi sondaggi condotti realizzato Nbc-Wall Street Journal, Pew Research Center e Gallup.
Dal sondaggio realizzato da Nbc assieme al Wall Street Journal emerge che il 70 per cento del campione è d’accordo con la decisione del 1973 della Corte Suprema che ha reso possibile l’aborto contro il 24 per cento degli intervistati che si dimostra in disaccordo: nel 1989 queste percentuali erano rispettivamente del 58 per cento e del 31.
L’aborto dovrebbe essere legale in tutti i casi per il 31 per cento del campione (questa percentuale era 27 nel 2003), nella maggior parte dei casi per il 23 per cento (17 per cento dieci anni fa), illegale con alcune eccezioni per il 35 per cento degli intervistati (-5 per cento rispetto al 2003) ed illegale senza eccezioni solo per il 9 per cento del campione (nel 2003 erano il 14 per cento degli intervistati). Continua a leggere

Nel Cile dell’aborto illegale una hot line per le donne che vogliono abortire: con tutti i rischi annessi.

SANTIAGO, Cile – Ogni volta che il cellulare squilla, Angela Erpel si inquieta. A volte all’altra estremità è un’adolescente spaventata o una madre disperata di tre bambini. Ci sono anche quelli arrabbiati che chiamano facendo ascoltare il suono di bambini che piangono o inviano messaggi di testo con le immagini di feti abortiti.
Allora la signora Erpel, 38 anni, sociologa volontaria al Chile’s Safe Abortion Hot Line si concentra e stabilisce un dialogo familiare sull’uso di misoprostolo, un farmaco che induce un aborto medico.
«Non diamo una giudizio morale o una consulenza: forniamo solo informazioni», dice.
Dal momento che la hot line è iniziata nel 2009, i volontari sparsi in tutto questo lungo e sottile Paese si sono alternati a rispondere alle chiamate ogni sera dalle 7 alle 23 da parte di donne che cercano informazioni sull’aborto. Ci sono state più di 12mila chiamate fino ad ora.
In un Paese dove l’aborto è del tutto illegale, anche in caso di stupro o quando la vita di una donna è in pericolo, la hot line è un tentativo rischioso. Operando in una zona grigia del diritto, i volontari affrontano una scoraggiante condanna al carcere se una conversazione vira troppo da una linea guida approvata da un avvocato. La hot line ha già avuto tre cause legali intentate contro di essa anche se tutte sono state poi lasciate cadere.
Secondo la legge, abortire comporta una pena da cinque a dieci anni di carcere, a seconda dei casi, mentre i medici e tutti coloro che praticano un aborto o cooperano ad abortire rischiano fino a 15 anni, dicono i Pubblici Ministeri. In pratica, tuttavia, meno di 500 casi sono stati perseguiti nel corso degli ultimi anni. Continua a leggere

Il falso problema di Mario Monti: “I temi etici non sono urgenti come il rilancio dell’economia”.

Mario MontiLa discesa in campo di Mario Monti alle prossime politiche ha acceso il dibattito sui diritti civili e sulle questioni etiche. Su questi temi il programma dell’attuale presidente del Consiglio è abbastanza carente e nella sua agenda si limita ad affermare che «il rifiuto del populismo e dell’intolleranza, il superamento dei pregiudizi nazionalistici, la lotta contro la xenofobia, l’antisemitismo e le discriminazioni sono il denominatore comune delle forze europeiste». Il professor Monti, forse a causa dell’appoggio avuto dal Vaticano, dimentica che le forze europeiste hanno anche altre priorità: infatti nella seduta del Parlamento europeo del 12 dicembre è stata approvata la risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea e per quanto riguarda le discriminazioni legate all’orientamento sessuale, fra l’altro, si invitano gli Stati membri ad inserire nelle loro legislazioni «altre forme di reato generato dall’odio, compreso quello fondato sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sull’espressione di genere» ed «ad adottare legislazioni penali che vietino l’istigazione all’odio sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere». Il Parlamento europeo inoltre «ritiene che i diritti fondamentali delle persone LGBT sarebbero maggiormente tutelati se esse avessero accesso a istituti giuridici quali coabitazione, unione registrata o matrimonio; plaude al fatto che sedici Stati membri offrano attualmente queste opportunità e invita gli altri Stati membri a prendere in considerazione tali istituti». Continua a leggere

Cardinale Bagnasco: “Si abortisce per motivi economici”. E se non fosse così?

Cardinale Angelo BagnascoAttacco del presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco ad eutanasia ed aborto che possono essere proposti con «motivi umanitari a parole» ma cercati «temo per motivi economici».
Il cardinale Bagnasco non specifica quali siano i motivi economici per cui una donna potrebbe ricorrere all’aborto. Ad esempio una donna potrebbe abortire perché priva di entrate per sostenere il figlio oppure – situazione opposta – per non essere ostacolata durante la carriera: entrambe le situazioni sarebbero dei motivi economici seppure diversissime tra loro.
Se il presidente della Cei avesse letto la relazione 2012 del ministero della Salute sull’aborto avrebbe avuto le idee più chiare sulle caratteristiche delle donne che ricorrono all’aborto.
Dal rapporto emerge che a ricorrere meno all’aborto sono le donne più istruite, le occupate e le coniugate anche grazie ad una maggiore competenza in materia di sessualità.
Nello specifico il 3,3 per cento delle italiane che hanno abortito nel 2010 non aveva nessun titolo di studio o solo la licenza elementare (11,4 per le straniere), il 41,7 per cento la licenza media (48,2 per cento tra le straniere), il 45,5 per cento la licenza superiore (34,7 per le straniere) e solo il 9,6 la laurea contro un 5,6 tra le straniere che hanno fatto ricorso all’aborto.
Per quanto riguarda l’occupazione il 48,5 per cento delle italiane che hanno abortito era laureato (questa percentuale è del 45,1 tra le straniere), il 14,3 era disoccupato (24 per cento fra le donne straniere), il 23 per cento delle donne italiane ed il 25,8 delle donne straniere che hanno abortito svolgeva la professione di casalinga ed il 14,1 era una studentessa (5,1 tra le straniere).
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Gli omicidi e gli attentati dei “difensori della vita” pro-life.

La violenza anti-aborto è un tipo di violenza contro persone e organizzazioni che praticano aborti: gli episodi di violenza includono la distruzione di proprietà, vandalismi, incendi dolosi, crimini contro persone, tra cui sequestri di persona, stalking, assalti, tentati omicidio e omicidi dei medici e del personale clinico (come quelli commessi da James Kopp, Paul Jennings Hill, Scott Roeder, Michael F. Griffin, e Peter James Knight), e reati che ledono persone e cose, tra cui incendi dolosi e gli attentati alle cliniche abortiste (come quelli compiuti da Eric Rudolph).
Questo tipo di violenza è frequentemente commesa negli Stati Uniti anche se si sono verificati episodi in Australia, Canada e Nuova Zelanda. G. Davidson Smith del Canadian Security Intelligence Service in “Single Issue Terrorism Commentary” del 14 luglio 2006 ha definito la violenza anti-abortista come “terrorismo a singolo caso”.
Michele Wilson e John Lynxwiler in “Abortion clinic violence as terrorism” in Studies in Conflict & Terrorism, hanno definito le violenze intercorse tra il 1982 ed il 1987 come terrorismo “politico” o “subrevoluzionario”.
Alcuni di coloro che si oppongono all’aborto hanno talvolta fatto ricorso a manifestazioni pubbliche molto violente, nel tentativo di limitare il numero di aborti. Coloro che si dedicano a tali azioni sostengono l’uso della forza come l’omicidio nell’interesse di tutelare la vita del feto.
David C. Nice, della University of Georgia, in “Abortion Clinic Bombings as Political Violence”, American Journal of Political Science (febbraio 1998) descrive l’uso della violenza anti-abortista come un’arma politica contro i diritti delle donne.
La violenza anti-aborto è riconosciuta come una forma di terrorismo cristiano: alcuni stessi sostenitori di tale violenza abbracciano questa designazione.

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Maggioranza degli irlandesi a favore della legalizzazione dell’aborto.

Dopo la morte di Savita Halappanavar, la trentunenne indiana morta di setticemia in Irlanda dopo che le è stato negato di abortire, sta aumentando in Irlanda il consenso a favore della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
Attualmente l’aborto è consentito solo in caso di rischio di vita per la madre ma non esiste nessuna normativa che preveda cosa si intenda per “rischio di vita per la madre” ed i medici, temendo sanzioni penali e professionali, evitano di praticare qualsiasi aborto.
Come riporta Bbc news un sondaggio realizzato da Red C and The Sunday Business Post rivela che la maggioranza degli irlandesi è a favore della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
L’85 per cento delle persone intervistate è favore dell’aborto legale nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo ivi compreso il pericolo di suicidio.
L’82 per cento vuole estendere il diritto all’aborto in tutti i casi in cui la salute della madre sia gravemente minacciata ed anche in caso di stupro.
Il 63 per cento pensa che la minaccia di suicidio non debba essere un motivo per ricorrere all’aborto ma è d’accordo nel consentirlo in caso la vita della madre sia a rischio.
Se pur minoritaria, un considerevole 36 per cento pensa che l’aborto debba essere legale in ogni caso in cui la donna lo richieda.
Il governo irlandese sta prendendo in considerazione di cambiare la legge sull’aborto ed una decisione sarà presa prima di Natale mentre nel frattempo continuano le dimostrazioni nel Paese dei pro-choice.

New York Times. In Irlanda la legge sull’aborto non è al passo coi tempi.

di Ethel Rohan

Alla fine di ottobre, Savita Halappanavar, di 31 anni, dentista alla diciassettesima settimana di gravidanza, è stata ricoverata in un ospedale di Galway, in Irlanda, accusando forti dolori. I medici hanno riconosciuto che stava avendo un aborto spontaneo, ma nel corso di tre giorni, sembra che abbiano rifiutato di interrompere la gravidanza e di porre fine alla sua sofferenza, perché potevano ancora rilevare un battito cardiaco fetale. Motivando come ragione il quasi totale divieto di aborto della cattolica Irlanda, i medici hanno negato a Dr. Halappanavar una procedura che molto probabilmente le avrebbe salvato la vita. È morta il 28 ottobre.
Quando ho sentito la notizia, un allarme è suonato dentro di me. Sono nata e cresciuta in Irlanda, e anche se ora vivo a San Francisco, le antiquate leggi anti aborto del mio paese d’origine mi hanno sempre bruciato. Io sono sopravvissuta agli abusi sessuali. Un uomo, un amico di famiglia, ha periodicamente abusato di me dai cinque ai tredici anni. Il mio aggressore avrebbe potuto mettermi incinta in giovane età, e nella cattolica Irlanda, non avrei avuto alcun ricorso legale, ma avrei potuto solo completare la gravidanza. Anche per andare in Inghilterra, dove l’aborto è legale, sarebbe stato impossibile senza il consenso e l’aiuto finanziario dei miei genitori. Non importa la mia età e le circostanze, i miei genitori non avrebbero mai rotto con la Chiesa cattolica ed il governo irlandese.
Se fossi rimasta incinta a tredici anni in seguito ad uno stupro e avessi avuto il diritto di scegliere, non credo che avrei ottenuto un aborto. Tuttavia, avrei meritato quella scelta e quel diritto. Ogni ragazza e donna lo merita. Continua a leggere

La cattolica Irlanda chiede il diritto di abortire

Il caso di Savita Halappanavar, la trentunenne indiana morta di setticemia in Irlanda dopo che le è stato negato di abortire, ha inevitabilmente acceso il dibattito sull’interruzione di gravidanza.
Questa vicenda ha provocato un incidente diplomatico tra Irlanda ed India. L’ambasciatore indiano Debashish Chakravarti ha detto che la donna sarebbe ancora viva qualora fosse stata curata in un ospedale indiano e che l’episodio ha provocato forti turbamenti nella comunità indiana in Irlanda e Regno Unito. Lo stesso The Times of India in un editoriale scrive che il divieto di abortire ha portato via una vita e si domanda come il bando all’interruzione di gravidanza possa conciliarsi con una visione “pro-life”?
Nel frattempo il movimento pro-choice irlandese si sta mobilitando e subito dopo la notizia della morte di Savita, duemila persone si sono radunate davanti al Parlamento irlandese per ottenere una legge più permissiva sull’interruzione di gravidanza mentre altre dimostrazioni sono state organizzate nel Regno Unito, in Belgio, a New York, a New Delhi ed a Bangalore.
A Dublino 20mila persone hanno marciato sino al parlamento scandendo lo slogan «Mai più». I dimostranti pro-choice sono stati osteggiati da alcuni attivisti anti-aborto. Sul manifesto di uno di questi si poteva leggere: «Milioni di bambini innocenti non ancora nati devono essere sacrificati a satana per la morte di una donna?». Altre manifestazioni pro-choice si sono tenute a Galway, Cork, Ennis, Clonakilty, Carlow, Limerick, Letterkenny, Kilkenny e Sligo.
Il padre di Savita si è rivolto pubblicamente al capo del governo: «Signore, la prego di cambiare la sua legge e di prendere in considerazione l’umanità. La prego di cambiare la legge sull’aborto che aiuterà a salvare la vita di tante donne in futuro».

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Irlanda: ragazza trentunenne muore perché le negano l’aborto

Dal 18 ottobre nella cattolicissima Irlanda è possibile ricorrere all’aborto. Si può farlo nella clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.
Gli antiabortisti sono scesi a protestare e la polizia ha dovuto presidiare la clinica per tutelare l’incolumità dei pazienti e del personale.
Come riporta il Time l’apertura della clinica nell’Irlanda del Nord ha inevitabilmente acceso il dibatittito anche nel resto del Paese.
Nel Sud la Chiesa cattolica (in un Paese in cui l’84 per cento della popolazione si professa cattolico) è stata importantissima nella maggior parte delle decisioni politiche ma i recenti scandali di preti coinvolti in casi di pedofilia ne hanno scalfito il prestigio.
Inoltre sempre più donne lavorano e sono interessate alla carriera e quindi la dimensione delle famiglie si è ridimensionata.
Pur essendo ancora forte l’influenza della Chiesa, il 54 per cento degli elettori è a favore della legalizzazione dell’aborto contro il 37 per cento di qualche anno fa. Continua a leggere

Four more years: dalle elezioni Usa tanti mal di pancia per il Vaticano

Il risultato è noto: il presidente uscente Barack Obama ha vinto contro il repubblicano Mitt Romney.
Il vero sconfitto di queste elezioni non è Romney ma la destra religiosa.
Inutile nascondersi che la Chiesa cattolica sia negli Stati Uniti che in Italia non aveva fatto il tifo per Obama.
La riforma sanitaria di Obama che impone alle aziende di garantire la copertura sanitaria per i propri dipendenti (anche per contraccezione ed aborto) aveva fatto infuriare la Chiesa cattolica americana: le accuse di attentato alla libertà religiosa erano cadute davanti alle varie sentenze delle corti federali.
Inoltre Obama ha sempre sostenuto il diritto per le coppie omosessuali di accedere al matrimonio e l’amministrazione democratica aveva comunicato che non avrebbe più difeso nei vari tribunali il Defense of Marriage Act, una legge federale che definisce il matrimonio come l’unione legale tra un uomo ed una donna. Continua a leggere

Tempi: «Azienda Usa condannata dal governo a pagare multa milionaria». “Tempi” di cercare meglio le notizie?

«Se la Hobby Lobby non paga aborto e condom ai dipendenti, la multa è di oltre un milione di dollari»: così titola Tempi in un articolo a firma di Benedetta Frigerio sul caso di Hobby Lobby, un’azienda americana nella vendità di prodotti di bricolage che, come scrive Benedetta Frigerio, «dovrà pagare una multa di 1 milione e 300 dollari al giorno qualora si rifiutasse di non pagare l’aborto e la contraccezione ai propri dipendenti».
Secondo Tempi «la multa giornaliera stabilita dal governo la priverebbe di più di 474 milioni di dollari all’anno»: per fortuna la realtà è un po’ diversa.
Secondo quanto riportato anche dal The Washington Post, The Huffinton Post e dall’agenzia internazionale di stampa Associated Press, la grande catena della distribuzione di prodotti per il fai da te si è rifiutata di pagare l’assicurazione sanitaria prevista dalla riforma Obama ma l’obiezione non riguarda i condom (che ovviamente non sono coperti dalle assicurazioni sanitarie né tantomeno devono essere pagati dalle aziende) ma la pillola del giorno dopo.
Inoltre né il giudice Joe Heaton che ha in carico il caso né tantomeno il governo – che di certo non ha questo potere – hanno mai stabilito una multa giornaliera.

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Avvenire: «Ragazzina costretta ad abortire». Per la Corte europea dei diritti dell’uomo non è così.

«Ragazzina costretta ad abortire ma la corte Ue condanna lo Stato»: così Avvenire titola in riferimento al caso di una ragazzina di quattordici anni che ha fatto ricorso all’aborto.
La triste storia nasce in Polonia nel 2008: una ragazza di quattordici anni era stata stuprata e non ha avuto l’accesso all’aborto in diversi ospedali a seguito delle pressioni dei gruppi no-choice. Questa vicenda aveva suscitato molto clamore in Polonia ed alla fine è approdata davanti la Corte europea dei diritti dell’uomo.

La ragazza – le cui generalità non sono state rese note – essendo stata violentata aveva ottenuto un certificato di un pubblico ministero polacco che confermava che la sua gravidanza era a causa di rapporti sessuali illeciti. Questo è uno dei motivi per avere accesso all’aborto in conformità con la legge polacca: una delle più restrittive d’Europa che lo ammette solo in caso di stupro, incesto o quando la vita della madre o il feto è in pericolo.

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Polonia: la Corte europea dei diritti dell’uomo sentenzia il diritto all’aborto in caso di stupro

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che un’adolescente polacca che è rimasta incinta dopo uno stupro avrebbe dovuto avere libero accesso all’aborto.
La ragazza, che allora aveva quattordici anni, è stato costretta ad avere un aborto clandestino dopo le molestie da gruppi pro-life che l’hanno costretta ad essere allontanata dagli ospedali.
Il giudice ha ordinato allo stato polacco di pagare l’adolescente e sua madre 61.000 euro a titolo di risarcimento.
La legge sull’aborto in Polonia è tra le più restrittive in Europa.
Gli aborti sono ammessi solo in caso di stupro, incesto o quando la vita della madre o il feto è in pericolo.
L’adolescente senza nome al centro di questo caso giudiziario rimase incinta nel 2008, dopo essere stata violentata all’età di quattordici anni.
In conformità con la legge, ha ottenuto un certificato del pubblico ministero che conferma che la sua gravidanza era a causa di rapporti sessuali illeciti. Continua a leggere

Dichiarazione soprendente del Movimento per la vita: «il calo degli aborti legali fa temere un aumento di quelli illegali».

La relazione annuale sull’interruzione di gravidanza ha confermato la diminuzione degli aborti rispetto all’anno precedente in linea con un trend iniziato dal 1982.
Le cifre dovrebbero far ben sperare ma non è così per il Movimento per la vita che ha presentato a Montecitorio il suo “Esame critico della Relazione ministeriale dell’8 ottobre 2012 contenente dati preliminari 2011 e dati definitivi 2010”.
Nel rapporto del Mpv si esprimono dei dubbi sulla diminuzione degli aborti illegali la cui diminuzione «non è possibile controllare e che comunque partono dal presupposto (evidenziato in qualche precedente Relazione) che se diminuiscono gli aborti legali devono diminuire anche quelli illegali». Nel rapporto si considera che «tale presupposto è irragionevolissimo, perché, anzi, si può presumere che proprio il calo numerico delle Ivg legali fa temere un aumento di quelle illegali».
Il ragionamento del Movimento per la vita è condivisibile: in effetti una donna che voglia accedere all’aborto e che sia impossibilitata di poterlo fare legalmente (magari per la presenza di medici obiettori) ricorrerà ad aborti illegali (ed insicuri). Continua a leggere

In Irlanda del Nord apre la prima clinica abortista: la polizia allertata per le manifestazioni degli anti-abortisti

Tempi duri per il cosiddetto movimento pro-life (o meglio “no-choice”) contro la legalizzazione dell’aborto.
Il cattolicissimo Uruguay ha legalizzato l’aborto ed è solo la seconda nazione del continente sudamericano ad autorizzare la procedura.
L’aborto resta illegale invece in Irlanda e le donne irlandesi che volevano abortire sono costrette a ricorrere agli ospedali del Regno Unito o in Europa.
Per le donne irlandesi che volessero abortire da giovedì potranno farlo alla clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.

Ovviamente la tensione è alta per l’apertura della clinica e molti attivisti anti-aborto si stanno dirigendo verso Belfast.
I “no-choice” hanno detto che protesteranno al di fuori della clinica e – imitando una forma di protesta dei Radicali italiani – osserveranno tre giorni di preghiera e digiuno.

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Aborto, rivelazione choc: la contraccezione lo favorisce (forse….).

L’agenzia Zenit della congregazione dei legionari di Cristo pubblica un’intervista (ripresa anche da Tempi) al dottor Renzo Puccetti che – al congresso mondiale di ginecologia ed ostetricia tenutosi a Roma – ha presentato una ricerca in cui si rileva che la diffusione di contraccettivi (preservativo, pillola) è direttamente proporzionale all’aumentare degli aborti.

Il dottor Puccetti ha certamente un curriculum di tutto rispetto: membro della Associazione ginecologi ostetrici cattolici italiani, socio nazionale dell’associazione Scienza & Vita, collaboratore di testate giornalistiche come Avvenire e la stessa agenzia di notizie Zenit.

Nonostante sia un professionista affermato purtroppo non rileva in quale pubblicazione scientifica sia presente questa ricerca che smentirebbe gran parte della letteratura scientifica in materia esplorando – assieme ad altri colleghi – l’abortività degli Stati americani e le variabili che possono incidere sui tassi di aborto.

Per il ricercatore «quando si esamina la percentuale d’impiego della contraccezione reversibile ad elevata efficacia, come la pillola, i cerotti, l’anello vaginale, la spirale e gli impianti sottocutanei di ormoni a lunga durata, non si rileva alcuna riduzione di abortività». Questa ricerca (di cui purtroppo non è stato detto dove è stata pubblicata) smentirebbe addirittura quanto rilevato da un recentissimo studio dell’Università di St. Louis pubblicato su Obstetrics & Gynecology (la pubblicazione ufficiale della American College of Obstetricians and Gynecologists) secondo cui la fornitura gratuita di contraccettivi contribuisce a ridurre drasticamente il numero delle gravidanze indesiderate e degli aborti. I ricercatori dell’università hanno fornito contraccettivi gratis a più di 9.000 donne dai 14 ai 45 anni dell’area di St. Louis: questa azione ha provocato un drastico calo degli aborti nell’area che sono diminuiti sino al 78 per cento con un tasso di gravidanze adolescenziali del 6,3 per mille contro una media nazionale del 34,3 per mille.

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Relazione del ministero della Salute sull’aborto: dov’è l’educazione sessuale?

Il ministro della Salute Renato Balduzzi ha presentato in Parlamento la relazione annuale sullo stato di attuazione della legge 194 sull’aborto: una relazione arrivata con otto mesi di ritardo così come denunciato dai ginecologi della Laiga.

I dati sembrano lasciar ben sperare anche se ci sono ancora molti punti dubbi.
Nel 2011 sono state effettuate 109.538 ivg (dato provvisorio), con un decremento del 5,6% rispetto al dato definitivo del 2010 (115.981 casi) e un decremento del 53,3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’ivg (234.801 casi). Nella relazione si legge che il tasso di abortività (numero delle IVG per 1.000 donne in età feconda tra 15-49 anni) nel 2011 è risultato pari a 7,8 per 1.000, con un decremento del 5,3% rispetto al 2010 (8,3 per 1.000) e un decremento del 54,7% rispetto al 1982 (17,2 per 1.000). Il valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei paesi industrializzati.

L’Italia è il Paese in cui si ricorre di meno all’aborto rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale.

A ricorrere meno all’aborto sono le donne più istruite, le occupate e le coniugate anche grazie ad una maggiore competenza in materia di sessualità.

Nel 2010 il 44,2% delle donne che hanno fatto ricorso all’Ivg avevano solamente un diploma di licenza media inferiore: perciò una società sempre più scolarizzata ed informata anche in materia di educazione sessuale sarà una società che avrà meno necessità di ricorrere all’aborto.

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Usa: la riforma sanitaria di Obama salva la vita ed anche i conti pubblici

La riforma sanitaria di Obama è osteggiata dalla destra e dalle organizzazioni religiose anche per la disposizione che prevede che i datori di lavoro debbano offrire la copertura sanitaria della contraccezione alle proprie dipendenti.
Una vittoria per la riforma Obama viene dalla Corte Federale: il giudice Carol E. Jackson (un giudice nominato da George H. W. Bush) ha stabilito che la riforma sanitaria non lede la libertà religiosa.
Un altro assist alla riforma sanitaria viene da uno studio dell’Università di St. Louis pubblicato su Obstetrics & Gynecology (la pubblicazione ufficiale della American College of Obstetricians and Gynecologists) sembra dare ragione ad Obama confermando che la fornitura gratuita di contraccettivi contribuisce a ridurre drasticamente il numero delle gravidanze indesiderate e degli aborti.
I ricercatori dell’università hanno fornito contraccettivi gratis a più di 9.000 donne dai 14 ai 45 anni dell’area di St. Louis: questa azione ha provocato un drastico calo degli aborti nell’area che sono diminuiti sino al 78% con un tasso di gravidanze adolescenziali del 6,3 per mille contro una media nazionale del 34,3 per mille.
In base al CDC’s National Survey of Family Growth tra il 2006 ed il 2008 circa il 49% delle gravidanze negli Usa non erano state programmate: di queste il 43% sono state interrotte con un aborto.
Questo tema può essere molto importante nella sfida elettorale tra Obama e Romney: infatti uno studio del 2011 ha rilevato che i contribuenti americani pagano circa 11 miliardi di dollari ogni anno per le gravidanze indesiderate mentre fornire un contraccettivo sottocutaneo reversibile con una durata di tre anni costa solo alcune centinaia di dollari. Continua a leggere

Uk: abortisce e viene condannata a otto anni di carcere da un giudice di un’associazione cristiana

Nel diritto processuale (sia civile che penale) è previsto l’istituto della ricusazione: ossia si chiede la sostituzione del giudice in un determinato processo qualora ci sia il fondato sospetto che non possa essere imparziale.
Forse è quanto avrebbe voluto fare Sarah Catt, una donna britannica di 35 anni, condannata da un giudice ad otto anni di carcere per essersi procurata un aborto nella fase finale della sua gravidanza.
Ora si è scoperto – come riporta il quotidiano The Guardian – che il giudice che l’ha condannata, Jeremy Cooke, è collegato ad un’associazione cristiana che ha condotto una campagna per leggi più restrittive sull’aborto.
La donna aveva assunto dei farmaci quando era incinta di 29 settimane per provocarsi un parto prematuro e successivamente ha assunto del veleno per avere un aborto spontaneo (al pari di quanto facevano molte donne in Italia prima che entrasse in vigore la legge 194): di tutto questo la donna si è dichiarata colpevole sebbene si sia rifiutata di rivelare dove abbia sepolto il feto.
La condanna ha suscitato un dibattito nel Regno Unito soprattutto considerando che il giudice Jeremy Cooke nella sentenza ha scritto «Non c’è nessuna mitigazione possibile in riferimento alla legge sull’aborto, qualunque punto di vista si possa prendere sulle sue disposizioni che in pratica sono, a torto, liberamente interpretate in modo da rendere possibile l’aborto su richiesta entro le 24 settimane con l’approvazione di medici registrati» lasciando intendere con quel wrongly (a torto) la sua visione sull’aborto.
Infatti il giudice Cooke è un membro della Lawyers’ Christian Fellowship (LCF) e uno dei vicepresidenti dell’organizzazione fino a dicembre 2010. Continua a leggere

The Lancet: permettere l’aborto significa salvare la vita delle donne

I cosiddetti “pro-life” (ossia contro le leggi sull’aborto) sono in verità dei “pro-death” (ossia a favore della morte delle donne).

L’aborto senza le adeguate condizioni di sicurezza è una delle principali cause di mortalità tra le partorienti: una ogni sette muore perché l’interruzione della gravidanza non è stata condotta da personale medico preparato e in condizioni igieniche adeguate. È uno dei dati contenuti nel lungo articolo pubblicato da una delle principali riviste scientifiche mondiale, The Lancet, che ha esaminato i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, in tutto il mondo, su un arco di tredici anni, dal 1995 al 2008.

Nonostante la difficoltà di avere dati certi specialmente per quei paesi dove la pratica è illegale, dalla ricerca emergono con chiarezza alcuni punti. Per l’Oms, il numero complessivo di interruzioni di gravidanza, a livello mondiale, tra il 2003 e il 2008, si è stabilizzato, attestandosi attorno ai 28 casi ogni mille donne tra i 15 e i 44 anni di età, con un importante calo rispetto al dato di partenza, quello del 1995, di 35 ivg ogni mille donne, ma anche con l’arresto del trend in diminuzione. Anche all’interno di singole regioni del mondo, comunque, ci sono differenze importanti, da correlare con il contesto sociale ed economico: in Europa occidentale (al 2008), il tasso di aborto era di 19 casi ogni mille donne, in Europa orientale, di 34.

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Le amicizie ambigue (e “riparatorie”) su facebook dei politici cattolici

Il web ha aiutato a ridurre il divario tra cittadini e politici e molti parlamentari ormai hanno i loro siti, le loro pagine facebook ed i loro account twitter (che spesso sono gestiti non direttamente dai politici ma dalle loro segreterie).

In questo modo i cittadini possono rivolgersi direttamente ai membri del Parlamento ed interagire on line.

Un politico aperto ad interagire online sarà disposto ad avere tra i propri “amici” di Facebook anche persone di cui ignora effettivamente l’identità o l’attività.

Questo è il caso degli onorevoli Rocco Buttiglione e Paola Binetti dell’Udc e Carlo Giovanardi del Pdl che – tra i loro amici di facebook – annoverano tale “Adamo Creato”.

È opportuno fare un passo indietro. “Adamo Creato” è un sedicente ex-gay (nome di fantasia) nato nel blog cattolico fanatico Uccr.
Nel blog Uccr doveva raccontare la sua storia di ragazzo “uscito dall’omosessualità” ed è intervenuto quattro volte nel blog per poi scomparire.
La sua poco credibile storia era riuscita a meritarsi anche l’attenzione de Il Fatto Quotidiano che gli aveva dedicato un articolo.

Ovviamente si tratta palesemente di un prodotto costruito a tavolino considerato che questo personaggio – nei vari articoli scritti su Uccr – affrontava vari argomenti con nozioni (sbagliate) di genetica, psicologia, neurobiologia, storia dei diritti civili, religione, medicina, storia del diritto americano e politologia: molto difficile che tutto questo possa provenire da una sola persona.

Lo strumento per “uscire” dall’omosessualità – per Adamo Creato – sono le “teorie riparative” di Joseph Nicolosi: teorie sconfessate dall’Apa (American Psychological Association) e dalla comunità scientifica internazionale dopo ponderati studi.

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Quelli che ben pensano…..

Davanti al classico cattolico medio benpensante che è contro il divorzio (perché sa di poter ricorrere alla Sacra Rota), contro gli omosessuali (perché sono contro natura), contro la legalizzazione delle droghe leggere (ma magari si fa di eroina con gli amici), contro gli ambientalisti (così può sfoggiare il suo Suv), contro l’aborto (perché tanto sa che se capitasse a lui farebbe ricorso a qualche clinica privata), contro la sinistra (perché odia i comunisti!!), che difende la Chiesa cattolica a spada tratta (perché difende le tradizioni), contro gli immigrati (ma poi li assume in nero nella fabrichetta) mi viene in mente il brano Quelli che benpensano di Frankie HI-NRG MC (all’anagrafe – per ironia della sorte – Francesco Di Gesù).

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Avvenire e la proposta del politico russo di considerare l’aborto come omicidio

Nel caldo dell’afa ferragostana, il giornale dei vescovi italiani Avvenire offre un breve articolo dal titolo (apparentemente innocuo) “Russia, politico propone la cittadinanza per i bimbi non ancora nati”.
Questo è il breve testo dell’articolo: «Il deputato di Pietroburgo Vitaly Milonov ha proposto di conferire lo status di cittadini ai bimbi in grembo. “Propongo di iniziare dalle fondamenta e considerare ogni essere umano come tale in ogni stadio della sua vita, in particolare nello stadio prenatale”, ha detto il deputato a una emittente radiofonica.
Secondo il politico, l’aborto in quest’ottica va combattuto ufficialmente come “omicidio”. Milonov ha promesso di presentare una bozza di legge al Parlamento russo per emendare la Costituzione e considerare un bambino non nato – dal momento del suo concepimento o per lo meno da quando il suo cuore inizia a battere – come un cittadino. In Russia l’aborto è consentito entro le 12 settimane di gravidanza, fatta eccezione per i casi in cui la donna sia vittima di stupro o la sua salute in pericolo».
Giusto per la cronaca, Vitaly Milonov è colui che ha bollato come “puttana” la popstar Madonna, ha definito pervertiti gli omosessuali ed autore della legge contro la “promozione dell’omosessualità”.

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8 per mille: la protesta dei consumatori

L’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti ed i consumatori) ha presentato un esposto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per pubblicità ingannevole in Tv e sul web della campagna di pubblicità sociale “chiedilo a loro” per la destinazione dell’8 per mille alla Chiesa cattolica.
Questo il comunicato di Aduc: «Gli spot dell’8 per mille alla Chiesa Cattolica, che sono stati diffusi sui canali televisivi nei mesi scorsi e che ancora sono massicciamente presenti sul web, non la raccontano giusta. Nei messaggi pubblicitari si parla di aiuti ai più bisognosi, di denaro destinato a opere di beneficenza, insomma dell’utile e pia azione della Chiesa cattolica. Sembra che tutti i proventi dell’8 per mille siano destinati a scopi benefici. Non è così! E non lo diciamo noi ma lo ammette la Cei nella sua rendicontazione annuale relativa al così detto 8 per mille. Su circa un miliardo e mezzo di euro solamente il 22 % è destinato a “interventi caritativi”. Ed il resto? E’ usato per esigenze di culto, sostentamento del clero, Sacra rota, ecc. Tutto lecito, per carità. Ma uno spot realizzato per chiedere il sostegno delle persone non dovrebbe dire la verità? Oppure bisogna far credere che i soldi dei contribuenti vadano in beneficenza quando nemmeno un quarto delle devoluzioni prendono quella strada? Il cittadino non è tenuto a sapere a che cosa viene destinata la sua scelta? Le stesse domande le abbiamo rivolte all’Antitrust, con una denuncia per pubblicità ingannevole contro la Cei, affinché valuti la correttezza o meno degli spot sull’8 per mille».
In effetti negli spot della campagna 2012 si parla di preti che aiutano terremotati, di aiuti a giovani, prostitute, anziani, drogati ed a bambini di aree disagiate.
Questi sono gli spot della campagna 2012.

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Il mondo “no-choice” è nelle condizioni di poter giudicare una donna come Elisabetta Canitano?

Cinque milioni di omicidi“: questo gridavano gli organizzatori della marcia per la vita (o meglio “Marcia per la non-scelta”). Ed ovviamente – se ci sono stati cinque milioni di omicidi – ci saranno state cinque milioni di “assassine“: ossia le donne che hanno abortito. Ed ovviamente saranno “colpevoli” anche i ginecologi che hanno effettuato gli aborti e tutti coloro che difendono il diritto delle donne ad abortire. E saranno colpevoli anche quelli che pensano che sia meglio un aborto praticato da un medico piuttosto che dalle “mammane” o – peggio ancora – autoprocurato ingerendo acido. Perché – per chi non lo sapesse – soprattutto al sud si abortiva ingerendo l’acido muriatico.

Ovvio che per giudicare gli altri – soprattutto in una maniera tanto pesante – bisogna essere “esemplari”, “integerrimi”, “candidi”……

Personalmente non credo di poter essere “esemplare” ma ho un bruttissimo vizio: mi piace leggere e documentarmi.

Proprio leggendo scopro il nome di una donna: Elisabetta Canitano.

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Record del mondo cattolico: due flop nella stessa giornata….

Il mondo cattolico ci ha abituato sempre a grandi miracoli. Però non era mai capitato che due grandi “eventi” del mondo cattolico facessero “flop” nella stessa giornata: mi riferisco alla “Marcia per la vita” contro la legge 194/1978 sull’aborto ed alla visita del Papa ad Arezzo.

Partiamo dalla prima. Ben 39 autobus da tutte le parti d’Italia dovevano portare manifestanti da tutta Italia, ben 155 associazioni italiane e 22 straniere avevano aderito alla marcia e ben 40 prelati avevano manifestato il loro appoggio con nomi come Angelo Bagnasco, Tarcisio Bertone, Giuseppe Betori. Camillo Ruini, Angelo Scola, Rino Fisichella.

Gli organizzatori parlano di un “successo” con 15.000 presenze. Cifre ufficiali non ne sono giunte ma dalle immagini on line c’è da dubitare fortemente che sia stato questo “successo” in termini di manifestanti.

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Marcia dei “no-choice”: un “successo” in ogni caso

I monti hanno partorito: è nato un ridicolo topo”: questi versi dell’Ars poetica di Orazio potrebbero descrivere molto bene la “Marcia per la Vita” che si è svolta ieri contro la legge 194/1978 sull’aborto.

Roma doveva essere invasa da tanti manifestanti pro-life (o meglio dire “no-choice”) ma invece la Capitale è rimasta insensibile.

C’è da dire che le aspettative c’erano tutte per un “grande evento”. Erano stati predisposti ben 39 autobus da tutte le parti d’Italia, ben 155 associazioni italiane e 22 straniere avevano aderito alla marcia e ben 40 prelati avevano manifestato il loro appoggio con nomi come Angelo Bagnasco, Tarcisio Bertone. Giuseppe Betori. Camillo Ruini, Angelo Scola, Rino Fisichella.

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La vita delle donne non ha importanza per gli anti-abortisti: allora perché si definiscono “pro-life”?

Uccr (Unione Cristiani Cattolici Razionali) ha pubblicato un articolo sui disegni di legge contrari all’aborto che sarebbero in approvazione nel mondo.
Nell’articolo si riporta la bocciatura di un disegno di legge in Irlanda che – secondo gli autori – voleva “legalizzare l’aborto e sanzionare penalmente la difesa della vita“.
Per gli autori, “tale disegno di legge avrebbe legalizzato l’aborto nei casi in cui la vita della donna fosse in pericolo – anche per minacciato suicidio – e imposto un anno di prigione e 2000 euro di multa per chi offrisse alternative alle donne orientate ad abortire“.
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Rapporto Italia 2012: la posizione degli Italiani sui temi etici

L’Eurispes ha pubblicato il “Rapporto Italia 2012” ed emerge un Paese sempre più indipendente dalla Dottrina della Chiesa.
Il 65,8% degli Italiani è favorevole all’istituzione del testamento biologico, ai quali fa da contraltare il 30,9% dei contrari. Sebbene questo tema non sia più presente come in passato nei media la maggioranza degli Italiani ritiene che sia necessario un intervento legislativo in materia.
Gli Italiani si dividono sull’eutanasia: 50,1% sono favorevoli e un 46,6% sono contrari a tale pratica.
Gli Italiani sono ancora fortemente contrari al suicidio assistito: 71,6% di pareri contrari e appena il 25,3% di quelli favorevoli: questo tema aveva trovato spazio nei media a seguito della vicenda di Lucio Magri. Il suicidio assistito si differenzia dall’eutanasia per il ricorso all’ausilio di pratiche mediche per una scelta volontaria e lucida di porre fine alla propria esistenza in totale assenza di malattie ma per ragioni estranee allo stato di salute.
Nel 58% dei casi l’introduzione della pillola abortiva RU-486 accoglie favori positivi (contro il 39,3% dei non favorevoli). La tanto discussa pillola, permette l’interruzione di gravidanza entro i primi due mesi di gestazione senza bisogno di intervenire chirurgicamente.
Per il divorzio breve un plebiscito. Gli italiani si schierano, nella misura dell’82,2% (15,8% di contrari) in favore del divorzio breve, ovvero la possibilità – in presenza di consensualità e in assenza di prole – di porre fine al matrimonio entro un anno.
Si spera che i nostri politici sappiano riflettere su questi dati.

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